martedì 7 ottobre 2008
domenica 5 ottobre 2008
Abiura di una cristiana laica
di Roberta de Monticelli
Questo è un addio. A molti cari amici - in quanto cattolici. Non in quanto amici, e del resto sarebbe un fatto privato. E' un addio a qualunque collaborazione che abbia una diretta o indiretta relazione alla chiesa cattolica italiana, un addio anche accorato a tutti i religiosi cui debbo gratitudine profonda per avermi fatto conoscere uno dei fondamenti della vita spirituale, e la bellezza. La bellezza delle loro anime e quella dei loro monasteri - la più bella, la più ricca, e oggi, purtroppo, la più deserta eredità del cattolicesimo italiano. O diciamo meglio del nostro cristianesimo. L'eredità di Benedetto, di Pier Damiani, di Francesco, dei sette nobili padri cortesi che fondarono la comunità dei Servi di Maria, di tanti altri uomini e donne che furono "contenti nei pensier contemplativi". E anche l'eredità di mistici di altre lingue e radici, l'eredità, tanto preziosa ai filosofi, di una Edith Stein, carmelitana che si scalzò sulle tracce della grande Teresa d'Avila.
Questo addio interessa a ben poche persone, e come tale non meriterebbe di esser detto in pubblico. Ma se oggi scrivo queste parole non è certo perché io creda che il gesto o la sua autrice abbiano la minima importanza reale o morale: bensì per un senso del dovere ormai doloroso e bruciante. Basta. La dichiarazione, riportata oggi su "Repubblica", di Mons. Betori, segretario uscente della Cei, e "con il pieno consenso del presidente Bagnasco", secondo la quale, per quanto riguarda la fine della propria vita, alla volontà del malato va prestata attenzione, ma "la decisione non deve spettare alla persona", è davvero di quelle che non possono più essere né ignorate né, purtroppo, intese diversamente da quello che nella loro cruda chiarezza dicono.
E allora ecco: questa dichiarazione è la più tremenda, la più diabolica negazione di esistenza della possibilità stessa di ogni morale: la coscienza, e la sua libertà. La sua libertà: di credere e di non credere (e che valore mai potrebbe avere una fede se uno non fosse libero di accoglierla o no?), di dare la propria vita, o non darla, di accettare lo strazio, l'umiliazione del non esser più che cosa in mano altrui, o di volerne essere risparmiato. Sì, anche di affermare con fierezza la propria dignità, anche per quando non si potrà più farlo. E' la possibilità di questa scelta che carica di valore la scelta contraria, quella dell'umiltà e dell'abbandono in altre mani. Ma siamo più chiari: quella che Betori nega è la libertà ultima di essere una persona, perché una persona, sant'Agostino ci insegna, è responsabile ultima della propria morte, come lo è della propria vita. Fallibile, e moralmente fallibile, è certo ogni uomo. Ma vogliamo negare che, anche con questo rischio, ultimo giudice in materia di coscienza morale sia la coscienza morale stessa? Attenzione: non stiamo parlando di diritto, stiamo parlando di morale. Il diritto infatti è fatto non per sostituirsi alla coscienza morale della persona, ma per permettergli di esercitarla nei limiti in cui questo esercizio non è lesivo di altri. Su questo si basano ad esempio i principi costituzionali che garantiscono la libertà religiosa, politica, di opinione e di espressione.
Oppure ci sono questioni morali che non sono "di competenza" della coscienza di ciascuna persona? Quale autorità ultima è dunque "più ultima" di quella della coscienza? Quella dei medici? Quella di mons. Betori? Quella del papa? E su cosa si fonda ogni autorità, se non sulla sua coscienza? Possiamo forse tornare indietro rispetto alla nostra maggiore età morale, cioè al principio che non riconosce a nessuna istituzione come tale un'autorità morale sopra la propria coscienza e i propri più vagliati sentimenti? C'è ancora qualcuno che ancora pretenda sia degna del nome di morale una scelta fondata sull'autorità e non nell'intimità della propria coscienza? "Non siamo per il principio di autodeterminazione", dichiara mons. Betori, e lo dichiara a nome della chiesa italiana. Ma si rende conto, Monsignore, di quello che dice? Amici, ve ne rendete conto? E' possibile essere complici di questo nichilismo? Questa complicità sarebbe ormai - lo dico con dolore - infamia.
da Micromega
(4 ottobre 2008)
leggi anche:
"Religione a chilometro, al peggio non c'è fine" - di Don Paolo Farinella
La rabbia di un giornalista "Ecco come disinforma il mio Tg" - di Giuseppe Giulietti
Questo è un addio. A molti cari amici - in quanto cattolici. Non in quanto amici, e del resto sarebbe un fatto privato. E' un addio a qualunque collaborazione che abbia una diretta o indiretta relazione alla chiesa cattolica italiana, un addio anche accorato a tutti i religiosi cui debbo gratitudine profonda per avermi fatto conoscere uno dei fondamenti della vita spirituale, e la bellezza. La bellezza delle loro anime e quella dei loro monasteri - la più bella, la più ricca, e oggi, purtroppo, la più deserta eredità del cattolicesimo italiano. O diciamo meglio del nostro cristianesimo. L'eredità di Benedetto, di Pier Damiani, di Francesco, dei sette nobili padri cortesi che fondarono la comunità dei Servi di Maria, di tanti altri uomini e donne che furono "contenti nei pensier contemplativi". E anche l'eredità di mistici di altre lingue e radici, l'eredità, tanto preziosa ai filosofi, di una Edith Stein, carmelitana che si scalzò sulle tracce della grande Teresa d'Avila.
Questo addio interessa a ben poche persone, e come tale non meriterebbe di esser detto in pubblico. Ma se oggi scrivo queste parole non è certo perché io creda che il gesto o la sua autrice abbiano la minima importanza reale o morale: bensì per un senso del dovere ormai doloroso e bruciante. Basta. La dichiarazione, riportata oggi su "Repubblica", di Mons. Betori, segretario uscente della Cei, e "con il pieno consenso del presidente Bagnasco", secondo la quale, per quanto riguarda la fine della propria vita, alla volontà del malato va prestata attenzione, ma "la decisione non deve spettare alla persona", è davvero di quelle che non possono più essere né ignorate né, purtroppo, intese diversamente da quello che nella loro cruda chiarezza dicono.
E allora ecco: questa dichiarazione è la più tremenda, la più diabolica negazione di esistenza della possibilità stessa di ogni morale: la coscienza, e la sua libertà. La sua libertà: di credere e di non credere (e che valore mai potrebbe avere una fede se uno non fosse libero di accoglierla o no?), di dare la propria vita, o non darla, di accettare lo strazio, l'umiliazione del non esser più che cosa in mano altrui, o di volerne essere risparmiato. Sì, anche di affermare con fierezza la propria dignità, anche per quando non si potrà più farlo. E' la possibilità di questa scelta che carica di valore la scelta contraria, quella dell'umiltà e dell'abbandono in altre mani. Ma siamo più chiari: quella che Betori nega è la libertà ultima di essere una persona, perché una persona, sant'Agostino ci insegna, è responsabile ultima della propria morte, come lo è della propria vita. Fallibile, e moralmente fallibile, è certo ogni uomo. Ma vogliamo negare che, anche con questo rischio, ultimo giudice in materia di coscienza morale sia la coscienza morale stessa? Attenzione: non stiamo parlando di diritto, stiamo parlando di morale. Il diritto infatti è fatto non per sostituirsi alla coscienza morale della persona, ma per permettergli di esercitarla nei limiti in cui questo esercizio non è lesivo di altri. Su questo si basano ad esempio i principi costituzionali che garantiscono la libertà religiosa, politica, di opinione e di espressione.
Oppure ci sono questioni morali che non sono "di competenza" della coscienza di ciascuna persona? Quale autorità ultima è dunque "più ultima" di quella della coscienza? Quella dei medici? Quella di mons. Betori? Quella del papa? E su cosa si fonda ogni autorità, se non sulla sua coscienza? Possiamo forse tornare indietro rispetto alla nostra maggiore età morale, cioè al principio che non riconosce a nessuna istituzione come tale un'autorità morale sopra la propria coscienza e i propri più vagliati sentimenti? C'è ancora qualcuno che ancora pretenda sia degna del nome di morale una scelta fondata sull'autorità e non nell'intimità della propria coscienza? "Non siamo per il principio di autodeterminazione", dichiara mons. Betori, e lo dichiara a nome della chiesa italiana. Ma si rende conto, Monsignore, di quello che dice? Amici, ve ne rendete conto? E' possibile essere complici di questo nichilismo? Questa complicità sarebbe ormai - lo dico con dolore - infamia.
da Micromega
(4 ottobre 2008)
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La rabbia di un giornalista "Ecco come disinforma il mio Tg" - di Giuseppe Giulietti
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sabato 4 ottobre 2008
Intervista a Moni Ovadia 2
Secondo estratto dell'intervista a Moni Ovadia realizzato dai ragazzi di "Qui Milano Libera".
Tratto dal sito di Piero Ricca
Tratto dal sito di Piero Ricca
Pd di Letta e di governo
"Sono di sinistra, ma Berlusconi è il migliore". L'ha detto a 'L'espresso' Riccardo Scamarcio, ma è il motto di un'epoca. Questa. Veltroni invece preferisce Gianni Letta, "un uomo che ha il mio stesso senso delle istituzioni". Definizione quantomeno azzardata, se si pensa che questo Cavour redivivo, negli anni Ottanta quando dirigeva 'Il Tempo', fu coinvolto nei fondi neri Iri e nel '93, vicepresidente Fininvest, rischiò l'arresto per presunti maneggi sulla legge Mammì. Ma il vero mistero è perché mai Uòlter abbia messo il cappello sulla Cai, la cordata alitaliota dei Colaninno Boys.
Dopo averne detto tutto il peggio possibile, è andato a 'Porta a Porta' a rivendicare il successo dei 16 Fratelli Bandiera. Rivelando di aver fatto incontrare Colaninno ed Epifani "per favorire un'intesa che impedisse la catastrofe" e "far fare un passo avanti a Cai". Se è vero, non si comprende perché Veltroni non si sia schierato subito con Cai, cioè col governo. Se è falso, non si vede perché il capo dell'opposizione abbia levato le castagne dal fuoco al governo che, incartato nella guerra ai lavoratori Alitalia, era a un passo dalla prima disfatta.
"Senso di responsabilità", spiega Uòlter, ma così dà implicitamente ragione al governo sulla mancanza di alternative alla Cai (che invece di alternative ne aveva, se si fosse messa sul mercato l'Alitalia senza debiti né esuberi, anziché regalarla in esclusiva alla Cai).
In entrambi i casi, prendersi il merito di uno sbocco sempre criticato disorienta vieppiù gli elettori del Pd. Conferma le accuse di Berlusconi alla Cgil, che avrebbe "remato contro" pilotata dal Pd. E delegittima Guglielmo Epifani, mettendo in ombra i vantaggi strappati in extremis dalla Cgil per
i lavoratori rispetto al pessimo accordo siglato inizialmente da Cisl e Uil. Non contento, Veltroni dichiara al 'Corriere' che con questo governo rischiamo una svolta autoritaria, poi però rivela i dettagli dell'imbarazzante mediazione: Colaninno (padre) ed Epifani "si sono seduti qui in casa mia su quei due divani là in fondo e han trovato l'accordo". In gran segreto, fuorché per Letta e per i segretari di Cisl e Uil. Intanto Colaninno figlio, Matteo, ministro-ombra del Pd, taceva. E Letta nipote, Enrico, metteva alle strette Epifani definendo "l'errore del secolo" il no alla Cai.
È proprio sicuro Veltroni, noto giramondo, che una simile scena potrebbe mai accadere in una democrazia normale? Se l'immagina Obama che convoca nel suo salotto un affarista e un sindacalista per propiziare la svendita di un'azienda di Stato decisa da Bush a spese dei contribuenti? Certo che no, infatti Uòlter poco sotto dichiara: "Ho un giudizio pessimo di come il governo ha gestito la vicenda Alitalia, compresa la scelta di una cordata non si sa in base a quali principi. che ha scaricato i debiti sui contribuenti". Già. Ma in quel pessimo governo c'è pure l'ottimo Gianni Letta. E la pessima cordata, a sentire Veltroni, l'ha salvata Veltroni. L'ottimo capo dell'opposizione.
Dopo averne detto tutto il peggio possibile, è andato a 'Porta a Porta' a rivendicare il successo dei 16 Fratelli Bandiera. Rivelando di aver fatto incontrare Colaninno ed Epifani "per favorire un'intesa che impedisse la catastrofe" e "far fare un passo avanti a Cai". Se è vero, non si comprende perché Veltroni non si sia schierato subito con Cai, cioè col governo. Se è falso, non si vede perché il capo dell'opposizione abbia levato le castagne dal fuoco al governo che, incartato nella guerra ai lavoratori Alitalia, era a un passo dalla prima disfatta.
"Senso di responsabilità", spiega Uòlter, ma così dà implicitamente ragione al governo sulla mancanza di alternative alla Cai (che invece di alternative ne aveva, se si fosse messa sul mercato l'Alitalia senza debiti né esuberi, anziché regalarla in esclusiva alla Cai).
In entrambi i casi, prendersi il merito di uno sbocco sempre criticato disorienta vieppiù gli elettori del Pd. Conferma le accuse di Berlusconi alla Cgil, che avrebbe "remato contro" pilotata dal Pd. E delegittima Guglielmo Epifani, mettendo in ombra i vantaggi strappati in extremis dalla Cgil per
i lavoratori rispetto al pessimo accordo siglato inizialmente da Cisl e Uil. Non contento, Veltroni dichiara al 'Corriere' che con questo governo rischiamo una svolta autoritaria, poi però rivela i dettagli dell'imbarazzante mediazione: Colaninno (padre) ed Epifani "si sono seduti qui in casa mia su quei due divani là in fondo e han trovato l'accordo". In gran segreto, fuorché per Letta e per i segretari di Cisl e Uil. Intanto Colaninno figlio, Matteo, ministro-ombra del Pd, taceva. E Letta nipote, Enrico, metteva alle strette Epifani definendo "l'errore del secolo" il no alla Cai.
È proprio sicuro Veltroni, noto giramondo, che una simile scena potrebbe mai accadere in una democrazia normale? Se l'immagina Obama che convoca nel suo salotto un affarista e un sindacalista per propiziare la svendita di un'azienda di Stato decisa da Bush a spese dei contribuenti? Certo che no, infatti Uòlter poco sotto dichiara: "Ho un giudizio pessimo di come il governo ha gestito la vicenda Alitalia, compresa la scelta di una cordata non si sa in base a quali principi. che ha scaricato i debiti sui contribuenti". Già. Ma in quel pessimo governo c'è pure l'ottimo Gianni Letta. E la pessima cordata, a sentire Veltroni, l'ha salvata Veltroni. L'ottimo capo dell'opposizione.
(03 ottobre 2008) di M.Travaglio, da L'Espresso.it
leggi anche:
"Balla a Balla" di M.Travaglio
"Alitalia, Ryanair fa ricorso all' UE" da Repubblica
"Le bugie del ministro Gelmini" da Micromega
"Un salvaslip per l'Europa" da l'Unità
Se qualcuno sostiene "sono stato assoloto", sempre meglio controllare "come" - di Ines Tabusso
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Se qualcuno sostiene "sono stato assoloto", sempre meglio controllare "come" - di Ines Tabusso
giovedì 2 ottobre 2008
Intervista a Moni Ovadia 1
Intervista Moni Ovadia. Nella lunga conversazione Moni parla dell’attacco alla democrazia costituzionale, di revisionismo, anticomunismo, nuovo razzismo, perdita della memoria, uso politico della paura.
Dal sito di Piero Ricca
Dal sito di Piero Ricca
mercoledì 1 ottobre 2008
Modello Itaia
"[La crisi finanziaria] aumenta le chance di Obama, ma in America c'è ancora tanto razzismo che potrebbe addirittura essere decisivo.
Per fortuna che dall'altra parte c'è un candidato come McCain, con una vice che è almost a joke, una barzelletta"
"Sarah Palin?"
"Voi italiani sapete benissimo di cosa sto parlando. Non avete un parlamento pieno di soubrette?"
- Paul Samuelson, premio Nobel per l'economia, intervistato da Repubblica (30 settembre 2008)
Per fortuna che dall'altra parte c'è un candidato come McCain, con una vice che è almost a joke, una barzelletta"
"Sarah Palin?"
"Voi italiani sapete benissimo di cosa sto parlando. Non avete un parlamento pieno di soubrette?"
- Paul Samuelson, premio Nobel per l'economia, intervistato da Repubblica (30 settembre 2008)
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