mercoledì 23 luglio 2008

La bella tv dell'estate


Che l'estate televisiva raggiunge il suo vertice di delirio creativo lo capisci quando su un palco issato su una piazza di paese vedi tutti insieme il crine selvatico di Massimo Giletti, ballerine che s'agitano volteggiando con un pupazzo di neonato in braccio, cantanti pop ultrasiliconate inneggiare all'Altissimi puntando letteralmente il ditino verso l'alto e vario notabilato locale che parla della "spiritualità" delle proprie terre. Ebbene sì, è la nona edizione dello spettacolo benefico "Una voce per Padre Pio", dove - dopo Little Tony che fa la mossa alla Elvis (con la differenza che quello cantava My Way e questo ulula in playback una strapazzata melodia straitaliana) - viene proposta in prima serata, davanti a vari milioni di spettatori superstiti, di cui molti ipotetici pagatori di canone Rai, un nuovo straziante "evento prodigioso" ad opera del Santo dalle sanguinose stimmate: c'è un signore, oggi sessantenne, che quando era bimbetto guarì d'improvviso da una malattia fulminante, nello stupore generale. Perché? Ovvio: perché il papà del medesimo aveva tenuto una fotografia di Padre Pio sotto il cuscino. "Solo la Chiesa potrà stabilire se questo evento potrà effettivamente essere considerato un miracolo", s'impone di aggiungere dall'alto della sua sgargiante cravatta il Giletti, bontà sua, massima espressione di laicità televisiva nell'anno domini 2008.

Lasciamo stare che avevamo appena terminato di vedere le aspiranti "Veline" - ragazzine scosciate obbligate a fare prove demenziali di fronte ad un numero ancor maggiore di ascoltatori - lasciamo stare che in contemporanea Gasparri chiamava "cloaca" il Consiglio superiore della magistratura, dimentichiamo le previsioni della Coldiretti che ci annuncia che le scorte di pane tra qualche mese potrebbero terminare (facendoci rimpiombare in uno scenario da dopoguerra), lasciamo perdere il crollo dei salari, l'assalto ai principi costituzionali, il rispolvero razzista delle impronte digitali... quel che la televisione preferisce raccontarci come cosa praticamente indubitabile è che ci sono i miracoli. Signore attempate che tengono in mano il loro santino consunto dal tempo, racconti vividi di medici increduli che corrono inutilmente su e giù (la scienza) e del sorriso del medesimo santo che dà un buffetto al bambino una volta riportato alla vita dopo una dura battaglia contro le forze del Male (la Verità)... il tutto certissimo e indiscutibile (a parte l'obbediente accenno del fascinoso conduttore all'autorità della Chiesa), il tutto condito con qualche rimasuglio dei peggiori Sanremo della nostra vita, con ballerine improbabili, con una manciata di politici locali in prima fila (cosa abituale nel nostro paese, sempre rimasto feudale) e con una squadriglia di preti che ci parlano di come il petto del santo di cui sopra fu trapassato da una sorta di lama proprio come capitò a Gesù sulla croce. Sì, si sa, è un elemento tragicamente moderno il connubio tra spettacolo e miracolistica, come insegnano le televisioni via cavo dei predicatori americani alla Benny Hinn, grandi scenari, denaro a fiumi, preghiere e raduni da stadio, immaginario ultrakitsch per un pubblico ultrapopolare, guarigioni fulminee da malattie spaventose, folle adoranti... Solo che quello è un canale satellitare (Trinity Broadcasting Network, che in chiaro potete vedere anche su Teletevere), questo è il primo canale della televisione pubblica (immaginario ultrakitsch e promesse mirabolanti, plauso delle folle, nani e ballerine? Sì, ricorda vagamente la comunicazione politica di Re Silvio IV...).

Poi, come capita sempre in questi casi, è pure vero che lo spettacolo abbia in sé tutte le stimmate (scusate la metafora) della comicità: dalla conduttrice, la ex cantante Tosca d'Aquino, che chiama "Little" il celebre emulo di Elvis, come se "Tony" fosse il suo cognome, al Giletti che s'aggira tra i monumenti di Petrelcina con aria quantomai ispirata, e per non farci mancare nulla le truci immagini della riesumazioni del corpo di Padre Pio seguite dall'ululato della cantante Mietta. E' così che la televisione si dice "servizio pubblico": tra vagonate di pubblicità altrettanto miracolistica, efferati delitti dove le vittime innocenti vengono ulteriormente vampirizzate fin nell'intimo più intimo e così il dolore dei loro familiari, ennesime puntate di serate vespesche dedicate ai palpitanti amori, repliche infinite di sceneggiati con carabinieri simpaticissimi e poliziotti tutti d'un pezzo. Fa impressione che nel frattempo il Garante si risvegli dal torpore e dichiari, col caldo che fa, che la Rai debba essere liberata "dalla morsa dei partiti", senza essersi accorto, nel frattempo, di quanto, a giudicare dalla tv, si sia spostato il senso comune. Niente paura, nel frattempo abbiamo un'altra piazza estiva in prima serata sul canale numero uno, altre conduttrici dal seno vibrante e dalla chioma vaporosa, altri cantanti, altri miracoli (o miracolati), tra i quali svetta il mitico cantore del Grande Capo, l'indomito Apicella dall'ugola verace come la pummarola, segno oramai temiamo indelebile degli oscuri tempi che viviamo.

di Roberto Brunelli

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