lunedì 7 luglio 2008

Tradizione Orale


Ora d'aria
M. Travaglio - l'Unità, 5 luglio 2008


Vedere un intero Paese e le sue più alte istituzioni appesi a pisello di un attempato latrin lover in fregola senile, mentre i codici e la Costituzione vengono sfigurati a immagine e somiglianza dell’augusto aggeggio, è già un bel vedere. Sentire poi Al Tappone, cioè l’editore di “Chi” e di un’altra dozzina di giornali e programmi di gossip, scagliarsi contro “il gossip che inquina la politica”, è anche un bel sentire. Come pure apprendere dalla sua boccuccia che lui non si avvarrà della blocca-processi (tanto, per bloccare il suo, basta che se ne avvalga Mills) né del Lodo Alfano (vuoi vedere che l’han fatto per il capo dello Stato?). Ma forse il bello deve ancora venire: alfine si potrebbe scoprire che le famose telefonate compromettenti, quelle sul problematico alzabandiera e sulle tecniche più avanzate per propiziarlo (punturine? carrucole?), quelle sulle durissime selezioni sostenute da alcune ministre come già dalle“strappone” di Raifiction, quelle che han portato il Paese sull’orlo di una crisi istituzionale, non sono mai state intercettate da alcuna Procura. Non che non siano mai esistite: che non siano mai state ascoltate, registrate, trascritte.

Ragioniamo: le porno-chiamate, semprechè esistano, non sono state depositate alle parti, ma segretate e custodite dalla Procura di Napoli in attesa di esser distrutte in quanto penalmente irrilevanti. Il che rende altamente improbabile che siano giunte a qualche giornalista. Anche perché altrimenti sarebbero già uscite: nessun giornalista degno di questo nome (a parte, infatti, il direttore di Europa) si terrebbe nel cassetto l’eventuale prova che il premier ha sistemato in Parlamento o al governo qualche sua amante. Dunque è pure possibile che Al Tappone abbia fatto tutto da solo: lui solo sa quel che fa e dice al telefono, lui solo è convinto che i pm agiscano tutti, come un sol uomo, non per fare Giustizia, ma per colpire lui. E visto che lui, a furia di contare balle, finisce col crederci, ogni mattina appena sveglio corre in edicola alla ricerca delle telefonate che lui solo conosce, avendole fatte lui. Purtroppo per noi e per fortuna sua, finora è rimasto deluso. Ma visto che domani è sempre un altro giorno, lui mette in circolo indiscrezioni e pettegolezzi per preparare l’opinione pubblica in vista del D-Day. Anzi, del Gnocca Day.

Non a caso non sono i cronisti giudiziari, ma i restroscenisti di Palazzo Grazioli e dintorni a raccontare quel che potrebbe uscire sul pisello presidenziale e le sue numerose badanti, incollando spizzichi e bocconi, sussurri e sospiri che trapelano dalla Magione Presidenziale. Storie di boccucce di rosa, persino di cetrioli. Sarebbe davvero meraviglioso se, autosuggestionato dalla sua coscienza sporca e dalla sua codona di paglia, Al Tappone avesse montato da solo tutto l’ambaradàn: se cioè la psicosi da intercettazioni fosse nient’altro che una colossale e grottesca autointercettazione. Il risultato lo vediamo: nessuno ha ancora letto un rigo di quelle telefonate, ma tutti ne conoscono ormai il contenuto. Tant’è che i servi più servili si sono già attivati per salvare il padrone da se stesso, intimando alla signorina Carfagna di dimettersi. Eh no, troppo comodo: prima di lei deve dimettersi chi l’ha promossa deputato e ministro. E poi, a ruota, tutti i ministri scelti dal Capo con lo stesso criterio: la cieca, prona servile obbedienza al Capo. Tra Mara e Angiolino Jolie o James Bondi, per dire, non c’è alcuna differenza. Sono tutte fotocopiatrici ad personam, solo che lei è molto più carina. Dunque sia chiaro: giù le mani dalla Carfagna. E basta parlare di “basso impero”: quello, al confronto, era una cosa seria. In fondo, Caligola s’era limitato a nominare senatore il suo cavallo. Mica un asino.

Piuttosto, quel che sta accadendo - tutti a parlare di telefonate che nessuno ha letto - è una bella prova su strada di quel che ci attende quando sarà in vigore la legge bavaglio sulle intercettazioni. Galera da 1 a 3 anni a chi pubblica atti di indagine “nel testo, nel contenuto e per riassunto”. Black-out assoluto fino all’inizio del processo, cioè per anni e anni. I giornalisti sapranno tutto, come pure poliziotti, magistrati, avvocati, cancellieri, impiegati, politici. Ma non potranno più raccontarlo. Così sarà tutto un alludere, un insinuare, un fare l’occhiolino, un dar di gomito con tutti i ricatti del caso: “Ah, se potessi parlare…”, “Sapessi quel che c’è nel fascicolo…”, “Eeeh, non farmi dire…”, “Vieni in redazione che ti racconto tutto in bagno…”. Il ritorno alla tradizione orale. Ecco, sì, orale.

Leggi anche: "Il polverone del cavaliere" di Curzio Maltese, da Repubblica

sabato 5 luglio 2008

Silvio Berlusconi rimane un imbarazzo per la democrazia

[The Obsever - Editorial]

Il grande paradosso della democrazia è che la libertà politica di cui ha bisogno per svilupparsi fornisce sostegno anche ai propri nemici. Una società democratica deve tollerare, fino ad un certo punto, l’attività di quei politici dagli istinti fondamentalmente antidemocratici.

Prova lampante è il fatto che Silvio Berlusconi sia stato liberamente eletto Presidente del Consiglio. Ha assunto l’incarico da 50 giorni, dopo un periodo all’opposizione, avendo precedentemente governato nei periodi 1994-95 e 2001-2006. Durante il primo mandato era stato denunciato di corruzione dai suoi avversari - ma mai condannato. E’ anche stato regolarmente accusato di nepotismo, cattiva gestione dell’economia e nazionalismo reazionario socialmente scissionista. Eppure, ha vinto ancora.

Berlusconi è stato eletto grazie a promesse di rinascita economica (l’Italia ha una delle economie dalla crescita più lenta nella zona Euro), gonfiata da l’ulteriore promessa di usare la mano pesante con la criminalità e l’immigrazione, che il partito Forza Italia presenta quotidianamente come un unico problema.

Al governo, egli ha proposto una severissima schedatura razziale, il rilevamento delle impronte digitali dei bambini Rom e la minaccia di allontanare dai propri genitori quelli che chiedono l’elemosina nelle strade italiane, una misura vista dai leader di altre minoranze come un ritorno al passato fascista dell’Italia.

Berlusconi è anche ritornato sul suo tema legislativo preferito: proteggere sè stesso dalle varie accuse di corruzione che si sono accumulate contro di lui negli anni. Vuole far passare una legge che renderebbe le più alte cariche dello Stato, inclusa ovviamente la propria, immuni da procedimenti penali. Quando ha tentato di introdurre il medesimo provvedimento nel 2004, la Corte Suprema lo giudicò anticostituzionale. Un’altra legge in via di approvazione sospenderebbe per un anno certi processi in cui il presunto crimine conduce ad una sentenza maggiore di 10 anni. Un processo del genere, che dovrebbe iniziare il prossimo mese, comprende accuse di corruzione nei confronti di Berlusconi.

Questo programma è una piccola parte della guerra spietata nei confronti della magistratura e di quei settori dei media determinati a costringerlo a rendere conto delle proprie azioni. (Il Presidente del Consiglio ha il controllo sostanziale della televisione privata e usa la propria posizione per influenzare l’emittente pubblica.) I giudici che lo perseguono, egli afferma, sono “il cancro nella nostra democrazia”.

Tutto ciò è stato condotto con le maniere spudorate ed appariscenti tipiche di Berlusconi che, se non fossero tanto inquietanti, ricorderebbero quelle del presentatore di un circo.

La guida di Berlusconi è una tragedia per gli italiani, anche se la scomoda verità a proposito di tale problema è che così tanti di loro lo hanno votato. Ciò dovrebbe servire da avvertimento per gli altri Paesi dell’Europa occidentale che ritengono che la loro cultura democratica sia così ben radicata da essere immune da minacce interne. Se questo è il grande paradosso della democrazia, il più grande cliché nella politica è che le nazioni ottengono i leader che meritano. Ma certamente l’Italia e l’Europa meritano qualcosa di meglio di Silvio Berlusconi.

[Vai all'articolo originale su The Obser]

Leggi anche: Il ritorno dell' "One man show" - [Der Standard]

venerdì 4 luglio 2008

Quando è meglio non contraddire

Oggi propongo un video con stralcio di trasmissione andata in onda su Telelombardia qualche giorno fa, durante la quale Stefano Zamponi (IDV) ha ricordato più volte l’appuntamento con la manifestazione di Roma di martedì, durante il dibattito a confronto con Paola Frassinetti, deputata del Pdl proveniente da An.
Nel montaggio ho colto alcuni momenti che, visti distrattamente passano inosservati, ma che invece meritano attenzione perché pur essendo entrati nelle abitudini di tutti, dovrebbero farci riflettere su come talvolta, il contradditorio, oltre che non servire, sarebbe proprio meglio non farlo, onde incappare in figuracce di fronte a fatti indiscutibili com’è successo qui. Soprattutto se ad intervenire in trasmissione via telefono è un telespettatore informato che disarma ogni possibilità di replica. Soprattutto se chi conduce la trasmissione, anziché intervenire per fare chiarezza, preferisce lasciare il dubbio col lancio della pubblicità e magari chiudere rispondendo all’invito rivolto al pubblico “io martedì a Roma non ci sono si vedrà da solo”
.

Tratto dal blog di Daniele Martinelli

mercoledì 2 luglio 2008

La minoranza ha il dovere di manifestare

Umberto Eco ha inviato questa lettera a Furio Colombo, Paolo Flores d'Arcais, Pancho Pardi, promotori della manifestazione dell'8 luglio in Piazza Navona.

Cari Amici,
mentre esprimo la mia solidarietà per la vostra manifestazione, vorrei che essa servisse a ricordare a tutti due punti che si è sovente tentati di dimenticare:

1) Democrazia non significa che la maggioranza ha ragione. Significa che la maggioranza ha il diritto di governare.

2) Democrazia non significa pertanto che la minoranza ha torto. Significa che, mentre rispetta il governo della maggioranza, essa si esprime a voce alta ogni volta che pensa che la maggioranza abbia torto (o addirittura faccia cose contrarie alla legge, alla morale e ai principi stessi della democrazia), e deve farlo sempre e con la massima energia perché questo è il mandato che ha ricevuto dai cittadini. Quando la maggioranza sostiene di aver sempre ragione e la minoranza non osa reagire, allora è in pericolo la democrazia.

Umberto Eco

(2 luglio 2008)

P.s. Se volete informazioni sulla manifestazione contro le leggi-canaglia cliccate qui.
Io al 99% andrò a Roma, se qualcuno degli utenti ha deciso di partecipare mi faccia sapere!

martedì 1 luglio 2008

Una toga rossa alla settimana (per 14 anni)


di Renzo Butazzi

A quanto sostiene Berlusconi, 789 giudici si sono occupati di lui in 14 anni (dal 1994). Da questa cifra si possono trarre deduzioni abbastanza curiose.
Più volte B. ha ripetuto che la magistratura è infiltrata dai magistrati comunisti, le famose "toghe rosse", che usano il loro "potere" per metterlo in difficoltà. Questi 789 sono tutti toghe rosse o sono in parte infiltrati e in parte plagiati dagli infiltrati?

Se in 14 anni i giudici specializzati in berlusconismo sono stati 789, vuol dire che ogni anno si sono dedicati a lui oltre cinquantasei magistrati, ossia almeno un giudice alla settimana.
In mancanza di reati che determinassero in quale procura e a chi toccava perseguire B. (il malcapitato sostiene, infatti, che reati non ne ha mai commessi), come è stato distribuito, nel corso del tempo, tra le varie procure, l'incarico di occuparsi di lui?
E' ovvio che per anni devono esserci state riunioni segrete tra i giudici rossi, durante le quali essi hanno stabilito i turni, mese per mese o anno per anno, dei requirenti e dei togati destinati a molestare B.

Una volta scelti i compagni magistrati di turno, la "Cupola Rossa" avrà dovuto inventare i reati da attribuire a B. in modo che ricadessero automaticamente sotto i giudici prescelti.
Esempio: Compagni magistrati, questo mese sarebbe opportuno che di B. si occupassero il procuratore Paperetti e i sostituti Orzinovi, Rapisonda e Fregnon, della procura di Verona. Essi non si sono mai occupati del presidente del consiglio ma sono toghe rosse di assoluta lealtà. Se siete d'accordo il nostro G.S.R. (Gruppo Suggeritori di Reati) si occuperà di prefigurare un reato pertinente.

I magistrati in Italia sono meno di 9000 di cui 789 hanno perseguitato Berlusconi perché comunisti o influenzati da loro. Possibile che nessuno degli altri 8184 si sia occupato di lui per interrompere o denunciare una così malefica catena?
Sono imbecilli, omertosi o, Dio ci guardi, sono 8184 toghe rosse anche loro?

(29 giugno 2008), Micromega online

Immunità: la vittoria della Casta

di Elio Veltri


I tre provvedimenti del governo sulla giustizia finiscono di raderla al suolo. Come sempre, per giustificarne l’approvazione si è chiamata in aiuto l’esperienza degli altri paesi senza la minima informazione per chi l’ha fatto e senza entrare nel merito, con il necessario puntiglio, da parte dei contraddittori che preferiscono i comizi ad una informazione precisa, tanto più necessaria dal momento che i cittadini sono assuefatti alla tv che, tranne lodevoli eccezioni, disinforma. Bene ha fatto l’Unità a ricordare sinteticamente cosa accade negli altri paesi europei e negli Stati Uniti riguardo alle alte cariche dello Stato. Questo giornale aveva pubblicato il libro "La legge dell’impunità", sul Lodo Schifani, nel quale ripercorrevo le vicende italiane dallo Statuto Albertino ed europee sulle prerogative dei parlamentari e dei governanti.

Ora desidero aggiungere che anche nei Paesi Bassi, in Belgio, Lussenburgo, Svezia, Finlandia, Danimarca e Portogallo, non esiste ombra di immunità né per il capo del governo né per i ministri.
Non solo, in nessun paese civile e democratico, sarebbe pensabile di introdurre leggi di salvaguardia assoluta delle alte cariche dello Stato mentre si svolge un processo per reati gravi come può essere quello per corruzione in atti giudiziari. La proposta del governo, come hanno spiegato noti costituzionalisti, è palesemente incostituzionale perché stravolge il principio cardine dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge( articoli 3 e 24) e, se proprio si volesse approvarla, bisognerebbe passare per le strettoie della legge costituzionale, con doppia lettura parlamentare e referendum nel caso mancasse la maggioranza dei due terzi.

Però, a quel punto, la legge non servirebbe più per le necessità immediate del capo del governo. Le ragioni che adducono anche autorevoli commentatori, penso all’articolo di Galli Della Loggia sul Corriere di oggi, a sostenere misure come quelle approvate a tempo di record dal governo, sarebbero da attribuire all’uso spregiudicato della obbligatorietà dell’azione penale e allo strapotere dei pm che non troverebbe il necessario contrappeso nella " terzietà" dei giudici.

Tutti i ragionamenti che si fanno prescindono dalla situazione del nostro paese del tutto peculiare a causa della quantità e qualità dei reati che determinano illegalità diffusa, corruzione penetrante e criminalità organizzata, la più grande multinazionale del paese, che non hanno riscontro in nessun altro paese democratico europeo e degli altri continenti. Perciò, quando si scrive, sarebbe necessario sapere di cosa si parla e, soprattutto, come ci si comporta nei paesi ai quali si fa sempre riferimento quale esempio di civiltà. Ometto di citare il più grande studioso liberale, Maranini, a proposito dei poteri della magistratura e del suo ruolo a salvaguardia della democrazia, previsti dalla Costituzione, perché l’ho fatto più volte: altro che metastasi di cui parla il Presidente del consiglio che si dichiara liberale a tutto tondo! Noi abbiamo introdotto nel nostro processo il sistema accusatorio nel 1989 mutuandolo dal sistema anglosassone.

Negli USA le condanne, soprattutto per i reati che il decreto bloccaprocessi considera meno gravi, sanzionati con pene inferiori a 10 anni di carcere, come corruzione, falso in bilancio, evasione fiscale ecc, che incidono direttamente sull’economia e sugli affari condizionandoli e danneggiano gli utenti e i risparmiatori, sono feroci. Scattano dopo il primo grado di giudizio, gli imputati vengono portati in tribunale con le manette ai polsi, la prescrizione e le attenuanti generiche non esistono e gli anni di carcere sono inferiori solo a quelli previsti per gli omicidi più crudeli. Quanto al potere dei magistrati inquirenti sono inimmaginabili e nessuno osa criticarli.

Vogliamo fare un esempio concreto? Rileggiamoci i poteri che il Martin Act del 1921 conferisce al Procuratore dello Stato di New York, ampiamente usati anche nei giorni scorsi per le frodi sui mutui sub-prime: il magistrato può decidere se l’inchiesta deve essere segreta o resa pubblica; scegliere se una frode deve essere repressa attraverso un’azione penale o civile; impedire a una impresa o società di svolgere attività nello Stato per tutto il periodo delle indagini; obbligare i testimoni a rinunciare ad un avvocato e a rispondere alle domande considerando le mancate risposte come accertamento della frode avvenuta ecc. Cosa diciamo che l’America ha un sistema giudiziario barbaro e indegno di un paese civile e che è civilissima solo quando bombarda l’Iraq? Forse possiamo dire che in quel paese la certezza della pena esiste e per tutti.

Nel decreto bloccaprocessi la corruzione è considerata un reato minore ed è stata introdotta nell’elenco dei reati intercettabili solo perché Bossi si è impuntato. Ora, basta leggere le graduatorie di Trasparency International sul rapporto quasi matematico tra corruzione e competitività delle imprese e dell’economia, per sapere che il nostro paese è al 41° posto per la corruzione e al 49° per la competitività: un disastro. Si continua a parlare, anzi a straparlare di economia e di competitività ma il rapporto viene ignorato e nessuno ne spiega le ragioni. Quindi, tenuto conto che l’Italia non compete e gli imprenditori di altri paesi da noi non investono, la corruzione dovrebbe essere uno dei reati di grandissimo allarme sociale e più sanzionati. Se poi è corruzione in atti giudiziari ancora di più. Non ci si fida delle statistiche di Trasparency? Non importa. Basta leggere il rapporto del commissario anticorruzione che è alle dipendenze della presidenza del Consiglio. La situazione viene considerata catastrofica e molto più grave rispetto a tangentopoli. Però il governo ha deciso che il paese avrà un futuro luminoso con una economia straordinariamente solida, anche in presenza di un sistema di corruzione diffusa e penetrante.

Anche i tempi dei processi incidono sull’economia. Quelli del processo penale perché dovrebbe sanzionare i reati economici e finanziari; quelli del processo civile perché incide direttamente sugli affari e la Banca Mondiale su 175 paesi monitorati ci mette al 168 posto; quello tributario perché riguarda l’evasione fiscale e forse non molti sanno che su 100 euro di evasione accertata dalla Guardia di Finanza lo Stato ne incassa 1,28. Io non parlo di etica perchè so bene che suscita una sorta di allergia. Sto parlando di economia che sembra costituire la preoccupazione maggiore dei gruppi dirigenti di questo paese. Qualcuno pensa davvero in buona fede che i tempi della giustizia dipendono dai magistrati fannulloni che non lavorano? Ci sono anche quelli.

Ma i processi non si fanno e la certezza della pena non esiste perché le leggi approvate negli ultimi 20 anni hanno puntato diritto al cuore della prescrizione dal momento che i gruppi dirigenti di questo paese rifiutano i controlli di legalità. Se si vuole davvero ridurre drasticamente i tempi dei processi è necessario cambiarne la struttura. Altrimenti si fa demagogia e si mente sapendo di farlo. Le proposte del governo costituiranno una formidabile istigazione a delinquere e a rendere il paese più illegale di quello che è.

da l'Unità.it - 30/06/08
 
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