sabato 18 ottobre 2008

Nuova legge minaccia i posti di lavoro dei ricercatori italiani

Pubblico un altro articolo apparso sulla prestigiosa rivista "Nature" (forse la più autorevole testata giornalistico-scientifica) riguardante il terrificante futuro che aspetta i ricercatori italiani.

Mi chiedo, e vi chiedo: è mai POSSIBILE che in questo ca..o di Paese queste cose le apprendiamo da una rivista estera (Inglese) e non dai media nostrani??

Io sono sgomento.


Pubblicato Mercoledì 15 Ottobre 2008 in Inghilterra da "Nature"

Gli scienziati protestano per i tagli dei costi decisi dal governo.

Quasi 2.000 ricercatori italiani perderanno i contratti a tempo indeterminato loro promessi, a causa di una legge che dovrebbe entrare in vigore entro la fine dell’anno. Potrebbero dover abbandonare del tutto la ricerca pubblica.

La scorsa settimana, la Camera dei Deputati del nuovo governo di centro-destra di Silvio Berlusconi ha esaminato il disegno di legge, che mira a ridurre la spesa pubblica attraverso la razionalizzazione del servizio pubblico. Vari ricercatori si sono messi in vendita su eBay, come parte di una campagna che ha anche coinvolto decine di migliaia di manifestanti in corteo per le strade di Roma e di altre città.

La proposta di legge si oppone esplicitamente ad un’altra legge approvata dal precedente governo di centro-sinistra, secondo la quale i ricercatori precari da molto tempo potrebbero essere assunti in modo permanente, se adeguatamente qualificati. La legge proibisce inoltre che gli scienziati vengano assunti tramite una serie di contratti a breve termine, e coloro che sono già stati selezionati per l’assunzione a tempo indeterminato, avendo accumulato piú di tre anni di contratto negli ultimi cinque anni, saranno ora lasciati per strada.

Renato Brunetta, Ministro per la amministrazione pubblica e l’innovazione che ha progettato la nuova legge, ha fatto infuriare ulteriormente gli scienziati definendo molti dipendenti pubblici come dei “fannulloni”.

I ricercatori in Italia sono dipendenti pubblici e il numero di posti disponibili è determinato dal governo centrale, piuttosto che dai singoli enti di ricerca. L’ultimo decennio non ha visto quasi nessuna nuova assunzione e, di conseguenza, il numero di ricercatori con contratto temporaneo è schizzato alle stelle. Ci sono almeno 4.500 impiegati con contratti temporanei da molti anni - conosciuti come “precari”, in riferimento alla loro occupazione incerta - che si barcamenano tra un contratto a tempo determinato ed il successivo.

Gli scienziati dicono che la loro protesta non è diretta contro il sistema tradizionale del post-dottorato, bensí contro il malsano squilibrio tra posizioni precarie e assunzioni a tempo indeterminato. “Abbiamo uno squilibrio patologico perché le nuove assunzioni a tempo indeterminato sono state bloccate” afferma Luciano Maiani, presidente del CNR, il Consiglio Nazionale delle Ricerche italiano.

Come risultato delle proteste, Brunetta afferma che ai ricercatori sarà dato tempo fino al 1 luglio 2009, mentre lui esaminerà le loro richieste. Ma i presidenti dei vari enti di ricerca italiani ritengono che l’unica via d’uscita da questa situazione sia dare maggiore autonomia ai singoli enti sugli impieghi statali.

“Il governo deve riconoscere l’alta formazione professionale dei ricercatori - non è opportuno rientrare nel regolamento della categoria degli impiegati statali” spiega Enzo Boschi, presidente di Italia Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.

Claudio Gatti è un fisico delle particelle presso l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare di Frascati, che sta per perdere il contratto a tempo indeterminato promessogli a causa della proposta di legge. Egli afferma che “nel sistema di ricerca italiano non c’è programmazione, mobilità e neppure futuro - ma siamo pronti a lottare per i nostri diritti con tutti i mezzi legali a nostra disposizione”.

Il Ministro della ricerca e dell’istruzione Mariastella Gelmini non ha commentato pubblicamente la situazione e non ha risposto alle richieste di commenti da parte di Nature.

[Vedi anche l'editoriale di Nature ]

[Articolo originale di Emiliano Feresin, Alison Abbott]

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