venerdì 16 maggio 2008

Perchè parlare ancora di Schifani


Credo che in questi giorni sia stata fatta molta confusione tra fatti e notizie. I fatti sono fatti, ma non tutti i fatti sono notizie. Nei miei cassetti conservo documenti, verbali d'interrogatorio, appunti di colloqui con fonti confidenziali e persino interviste, che non ho mai pubblicato. E che probabilmente non pubblicherò mai.

Parte di quell'archivio, accumulato da me come da ogni buon giornalista in anni di lavoro, di tanto in tanto si rivela però utile. A distanza di tempo dalla scoperta di un primo elemento di per sé ambiguo, apparentemente incredibile, o da solo non interessante o non verificabile, capita a volte che se ne trovi un altro che fa vedere le cose in maniera diversa. E allora ciò che inizialmente era (a mio sindacabile avviso) non pubblicabile, all'improvviso lo diventa. Nasce (anche così) una notizia.

Dicevamo che i fatti apparentemente incredibili e non riscontrati non sono notizie. È quindi scorretto deontologicamente citarli sui giornali scrivendo subito dopo, «ma io non ci credo». E soprattutto non si deve farlo se la verifica o il tentativo di verifica è semplice: se li si cita, senza alzare il telefono o perderci qualche ora o giorno di lavoro, si mette semplicemente in circolazione un veleno, non una notizia.

Uno dirà: ma allora perché avete scritto di Schifani, visto che i suoi rapporti con personaggi poi condannati per mafia, non hanno nemmeno portato all'apertura di un'inchiesta giudiziaria nei suoi confronti? Semplice: perché, nonostante che su parte di quelle storie Schifani sia stato ascoltato come testimone già nel '99, l'intera vicenda non è affatto chiara. E proprio la mancanza di chiarezza fa diventare tutta la questione una notizia ancora più grossa: Schifani, lo ricordo, non è un privato cittadino, ma è un senatore e ora è addirittura la seconda carica della Repubblica.

Lasciate perdere la Sicula Brokers, la società creata nel '79 che tra suoi soci oltre a Schifani aveva anche altri personaggi poi condannati per mafia, e concentratevi su Villabate, il paese del quale Nino Mandalà (uno degli ex soci di Schifani) diventa reggente intorno al 1994 dopo una sanguinosa guerra tra cosche.

Qui, nel 1995, Schifani ottiene una consulenza in materia amministrativo-urbanistica. Quella consulenza, visto il contesto, è già di per se interessante dal punto di vista giornalistico. Ma lo diviene ancor di più se si considera che intorno alla sua genesi esistono almeno quattro versioni.

La prima è quella di Mandalà che intercettato dai carabinieri confida nel 1998 a un altro uomo d'onore di avergliela fatta ottenere lui, su richiesta del senatore Enrico La Loggia. La seconda è quella di La Loggia che, sentito come teste, dice sostanzialmente: è vero la consulenza a Schifani l'ho fatta avere io, ma non ricordo se ciò è avvenuto in seguito a una mia richiesta presentata al sindaco di Villabate (nipote di Mandalà ndr) o se io ho richiesto l'intervento di Gianfranco Micciché, allora coordinatore di Forza Italia. Il problema, secondo La Loggia, era quello di risarcire Schifani dei mancati guadagni causati dal tempo perso nell'attività politica, visto che sarà eletto solo nel 1996.

La terza versione è quella di Schifani che invece dice di aver ottenuto il lavoro da solo, semplicemente proponendosi al sindaco nipote del boss. Poi c'è la quarta versione. Recentissima: addirittura del 2006. Quella del pentito Francesco Campanella, l'ex segretario dei giovani dell'Udeur che falsificò la carta d'identità utilizza da Bernardo Provenzano per andare in Francia a farsi operare. Campanella dice: ha ragione Mandalà, la consulenza a Schifani è arrivata grazie a lui. E poi ci mette un carico da novanta: scopo dell'intervento di Schifani (e di La Loggia) era quello di disegnare assieme a un progettista loro amico un piano regolatore di Villabate che assecondasse i voleri del boss Mandalà. Secondo Campanella, anzi, proprio Mandalà (che potrebbe benissimo aver mentito) sosteneva che Schifani e La Loggia si erano accordati perché parte della parcella destinata al progettista fosse girata a loro.

A questo punto dovrebbe essere chiaro per tutti che questa è una storia da raccontare sui giornali. E anche da approfondire, visto che molti dei personaggi coinvolti non sono ancora stati intervistati, e non tutti i documenti amministrativo-urbanistici dell'epoca sono stati esaminati. In un uno degli elementi del titolo (titolo, occhiello e sommario) un quotidiano, per necessità di sintesi, parlerebbe probabilmente di «rapporti di Schifani con il boss», o forse di «amicizie e relazioni pericolose», anche perché Mandalà ha sostenuto in aula che Schifani e La Loggia parteciparono al suo matrimonio. La notizia insomma è diventata tale grazie al lavoro, all'esperienza che ti ha permesso di valutare il contesto, e alla ricerca. Non è nata da una soffiata anonima (che pure può benissimo essere uno spunto), mandata in stampa senza alcuna verifica.

Detto questo quello che sta accadendo oggi a Marco credo che sia per tutti semplice: «Quando non si può attaccare il ragionamento, si attacca il ragionatore», diceva Paul Valery. Ma noi, finché lo si potrà fare, cercheremo di continuare a ragionare.

Peter Gomez

giovedì 15 maggio 2008

Il caso Travaglio-D'Avanzo

Pubblico la risposta al secondo articolo di G.D'Avanzo, il quale tentava di far notare a Travaglio che il "metodo Travaglio" è fallace e rischia di rivoltarsi contro il suo stesso autore e promotore.
Come immaginavo, visto che nell'articolo del celebre giornalista viene pubblicato il contenuto di una telefonata privata di Travaglio, quest'ultimo sporgerà querela.

Come considerazione personale volevo aggiungere i miei "complimenti" per la ridicola risposta finale di D'Avanzo, che ha decisamente ridimensionato i toni (che appaiono quasi imbarazzati). Probabilmente si è accorto dello "svarione" che ha tirato. Quello che invece lascia stupiti è come mai un giornalista così famoso e bravo vada a criticare uno dei pochi colleghi seri e liberi che ha, invece di indirizzare la sue attenzioni da maestrino verso i veri, pessimi esempi di giornalismo. E non si dica che scarseggiano.


di Marco Travaglio
da repubblica.it (15 maggio 2008)

Caro direttore,
D'Avanzo è liberissimo di ritenere che i cittadini non debbano sapere chi è il presidente del Senato. Io invece penso che debbano sapere tutto, che sia nostro dovere informarli del fatto che stava in società con due personaggi poi condannati per mafia, che si occupava di urbanistica come consulente del comune di Villabate, controllato dal clan Mandalà, anche dopo l'arresto del figlio del boss e subito prima dello scioglimento per mafia.

Perciò l'ho scritto (dopo valorosi colleghi come Lillo, Abbate e Gomez) e l'ho detto in tv presentando il mio libro. Anche perché la Procura di Palermo sta ancora vagliando le dichiarazioni rese nel 2007 dal pentito Francesco Campanella, già presidente del consiglio comunale di Villabate e uomo del clan Mandalà, sul piano regolatore che, a suo dire, il boss aveva "concordato con La Loggia e Schifani" (Ansa, 10 febbraio 2007).

Ciò che non è consentito a nessuno, nemmeno a D'Avanzo, è imbastire una ripugnante equazione tra le frequentazioni palermitane del palermitano Schifani e una calunnia ai miei danni che - scopro ora - sarebbe stata diffusa via telefono da un misterioso avvocato: e cioè che l'imprenditore Michele Aiello, poi condannato per mafia in primo grado, mi avrebbe pagato un albergo o un residence nei dintorni di Trabia. La circostanza è totalmente falsa e chi l'ha detta e diffusa ne risponderà in tribunale.

Potrei dunque liquidare la cosa con un sorriso e un'alzata di spalle, limitandomi a una denuncia per diffamazione e rinviando le spiegazioni a quando diventerò presidente del Senato. Ma siccome non ho nulla da nascondere e D'Avanzo sta cercando - con miseri risultati - di minare la fiducia dei lettori nella mia onorabilità personale e nella mia correttezza professionale, eccomi qui pronto a denudarmi.

Se questo maestro di giornalismo avesse svolto una minima verifica prima di scrivere quelle infamie, magari rivolgendosi all'albergo o dandomi un colpo di telefono, avrebbe scoperto che: 1) non ho mai incontrato, visto, sentito, inteso nominare questo Aiello fino al giorno in cui fu arrestato (e comunque, non essendo io siciliano, il suo nome non mi avrebbe detto nulla); 2) ho sempre pagato le mie vacanze fino all'ultimo centesimo (con carta di credito, D'Avanzo può controllare); c) ho conosciuto il maresciallo Giuseppe Ciuro a Palermo quando lavorava alla polizia giudiziaria antimafia (aveva pure collaborato con Falcone). Mi segnalò un hotel di amici suoi a Trabia e un residence ad Altavilla dove anche lui affittava un villino.

Il primo anno trascorsi due settimane nell'albergo con la mia famiglia, e al momento di pagare il conto mi accorsi che la cifra era il doppio della tariffa pattuita: pagai comunque quella somma per me esorbitante e chiesi notizie a Ciuro, il quale mi spiegò che c'era stato un equivoco e che sarebbe stato presto sistemato (cosa che poi non avvenne). L'anno seguente affittai per una settimana un bungalow ad Altavilla, pagando ovviamente la pigione al proprietario. Ma i precedenti affittuari si eran portati via tutto, così i vicini, compresa la signora Ciuro, ci prestarono un paio di cuscini, stoviglie, pentole e una caffettiera. Di qui la telefonata in cui parlo a Ciuro di "cuscini". Ecco tutto.

Che c'entri tutto questo con le amicizie mafiose di Schifani, francamente mi sfugge. Qualcuno può seriamente pensare che, come insinua D'Avanzo, quella vacanza fantozziana potrebbe rendermi anche solo teoricamente ricattabile da parte della mafia o addirittura protagonista di "una consapevole amicizia mafiosa"? Diversamente da Schifani, non solo sono un privato cittadino. Non solo non sono mai stato socio né consulente di personaggi e di comuni poi risultati mafiosi. Ma non ho mai visto né conosciuto mafiosi, né prima né dopo la loro condanna. Chiaro? Se poi questo è il prezzo che si deve pagare, in Italia, per raccontare la verità sul presidente del Senato, sono felice di averlo pagato.

Ps. Su una sola cosa D'Avanzo ha ragione. Tra i miei ex direttori, ho dimenticato quello del "Borghese": Daniele Vimercati. Era uno splendido e libero giornalista. Purtroppo non c'è più, l'ha portato via a 43 anni una leucemia fulminante. Mi manca molto.

La risposta di D'Avanzo:

Nessuno ha mai messo in dubbio l'onorabilità di Travaglio. Nessuno ha voluto sollevare una noiosa e irrilevante polemica personale. Si è voluto soltanto ragionare senza ipocrisie su un metodo giornalistico che, con niente o poco, può distruggere la reputazione di chiunque. Era un memento a Travaglio e a noi stessi ad usare con prudenza, armati di niente o poco, la parola "verità" (evocata, purtroppo, anche oggi). E prima di mettere punto: ma davvero c'è qualcuno che, in buona fede, può pensare che Repubblica faccia sconti alla mafia e alle sue collusioni con i poteri?
(g. d'a.)

P.S. Ho ingrandito il carattere perchè mi è stato fatto notare che i post erano difficilmente leggibili. Spero che ora la situazione sia migliorata.

mercoledì 14 maggio 2008

Meno male che Antonio c'è


Normalizzare il berlusconismo: questa è la linea. Che cosa vuol dire? In pratica accettare che l’Italia abbia un padrone. Che sa anche essere tollerante e perfino generoso con chi non gli manca di rispetto. A dettarla sono le guardie bianche di Berlusconi, ovvero gli editorialisti del Corriere della Sera. Panebianco, Battista, Galli Della Loggia… Essendo anime servili, questi sedicenti liberali non vedono lo scandalo. E dunque plaudono a un Paese finalmente pacificato, esortano a farla finita con il “giustizialismo”, incoraggiano l’opposizione a deporre l’ascia dell’antiberlusconismo, predicano la via del dialogo e delle riforme, in nome dei superiori interessi del Paese. Da sempre abituati a negoziare sui principi e prima di tutto tesi a sopravvivere, i “riformisti” del pd non hanno certo bisogno di consigli. Rappresentano già l’opposizione ideale, che il nano s’è plasmato in quindici anni di duro lavoro. Fuori dal parlamento la cosiddetta sinistra radicale, l’opposizione intransigente a Berlusconi è ridotta alla voce di Antonio Di Pietro più qualche cane sciolto. Non fa piacere ammetterlo, ma è così. Lo dimostra il suo intervento di ieri alla Camera, interrotto dai fischi e dagli strepiti dei paladini della libertà. Quindici anni dopo Mani Pulite, parlare di legalità e conflitto di interesse dentro l’assemblea legislativa è peggio che bestemmiare in chiesa. Sarà molto dura risalire la china.

Piero Ricca

martedì 13 maggio 2008

Clima disteso...un corno



Non si fa che sentire, in serata, che il clima politico appare finalmente disteso, senza tafferugli. E il merito viene attribuito da una parte al "bel discorso" del neo-presidente del Consiglio(/Imperatore) che ha trovato tutti, maggioranza e opposizione, plaudenti e contenti. Dall'altra al fatto che non ci sia più quella componente radicale (siniostrorsa, perchè a destra di estremisti ce ne sono eccome, vedi il buon Ciarrapico) che tanti fastidi aveva creato in passato.
Tutti i Tg lodano questo trenino felice, e anche i programmi radio non sono da meno: Aldo Forbice conduttore di "Zapping" (quello per intenderci che recentemente dopo una domanda di un'ascoltatore nel post-V2Day, ha definito come "fessi" tutti i cittadini che vanno dietro alle affermazioni di Grillo. Bel professionista non c'è che dire) ha pure concordato sulla positività della situazione - commentando quanto era bello vedere che destra e sinistra si scambiavano i complimenti a vicenda. La nota stonata per il Dr.Forbice veniva guarda caso da quel rompiscatole di Di Pietro che al solito non si fa abbindolare dai bei discorsi del Cavaliere e si dissocia vibratamente dalla festa.
Verrebbe da dire meno male. Perchè francamente dopo tutte le esperienze di potere berlusconiano a cui siamo stati sottoposti c'è da chiedersi chi è ancora in grado di credere ad una sola parola uscita dalla bocca del vecchio Silvio.
Egli ha descritto il paese da sogni e di balocchi che vorrebbe ma non ha indicato come fare per realizzarlo. Il suo discorso – pieno di “ma anche” è apparso solo un esercizio di equilibrismo per farci stare dentro tutto ed il contrario di tutto, nella speranza di ingraziarsi maggioranza e opposizione, Nord e Sud, lavoratori e datori di lavoro, imprenditori e sindacati, parti sociali deboli e poteri forti, pacifisti e guerrafondai, rigoristi e scialacquatori.
Dice di volere il dialogo ma ad una voce sola: la sua! E chi non la pensa come lui “peste lo colga”: è solo un qualunquista, un forcaiolo, un populista, insomma un disturbatore del manovratore da isolare e condannare.
Per rendersene conto basta rileggere il suo discorso, pieno non di proposte di governo ma di “eclatanti omissioni” su questioni chiave, come il rilancio della lotta all’evasione fiscale, la funzionalità della giustizia, la trasparenza dei mercati, la pluralità dell’informazione, la lotta alla “Casta”, gli sprechi nella pubblica amministrazione, la lentezza e la farraginosità della burocrazia, la questione della Rai come servizio pubblico, la scandalosa vicenda Europa/-Rete4 ed il connesso rispetto delle Direttive e delle sentenze degli organismi di controllo.
Sempre in giornata era possibile imbattersi su La7 nel programma condotto da I.D'Amico (quella del reality "Campioni"-si-fa-per-dire, protagonisti i brocchi del Cervia) in cui era presente l'educatissimo ex Assessore alla cultura di Milano, Vittorio Sgarbi. Ex perchè è notizia di questi giorni il suo licenziamento da parte del sindaco Moratti (tranquilli mal che vada lo ritroviamo in parlamento). Ospite insieme a lui un altro "pezzo pregiato" l'On. M.Gasparri. Il quale - e qui viene il bello - discorreva piacevolmente con Sgarbi, ridendo e scherzando di questa facezia, con affermazioni tipo "Non mi aspettavo che ci mettesse cosi tanto (la Moratti)" oppure "Ci siamo spesso trovati in disaccordo, ma che vuoi...". Il tutto in un bel clima allegro. Nessuno che facesse notare la gravità della cosa, un licenziamento dovuto a quella volgarità che è proprio la bandiera di Sgarbi, per lo spettacolo pietoso dato ad Anno Zero insultando tutti i presenti in studio (soprattutto Travaglio). E' stato licenziato lui, che poveretto voleva la chiusura del programma e magari una nuova epurazione, oltre ovviamente alla testa di Grillo. Lui è stato licenziato, rimanendone stupito: si era così sperticato nel tentativo di difendere i personaggi che venivano "pesantemente" offesi dalla cricca di Santoro! Stavolta i giochetto non ha funzionato Vittorio.
Tutto questo viene detto all'indomani della incredibile polemica scaturita dalle affermazioni di Travaglio da Fabio Fazio a "Che tempo che fa". Tutti i signori politici (tranne Di Pietro) hanno espresso solidarietà col "povero" Schifani, ma nessuno di loro, compreso chi era chiamato in causa, ha ribattuto nel merito i fatti citati dal giornalista. Ancora più belle sono le affermazioni di un giornalista come D'Avanzo di Repubblica che afferma che Travaglio ha sbagliato perchè doveva essere più preciso nel riportare tutti i fatti, spiegando per bene le tempistiche in cui si sono svolti. Purtroppo però le affermazioni erano complete e servivano a farci semplicemente sapere che Schifani (quello che fa le veci del Capo dello Stato in sua assenza!) era in rapporti di affari con due persone che sono state condannate per mafia. Cosa che invece nessuno ci aveva più ricordato, guarda caso, quando invece sarebbe servito saperlo. Insomma le notizie vanno bene, ma solo se non sono date da Travaglio che pecca sempre, o di troppa precisione o di troppa poca.
E diciamolo (per fortuna) rompe proprio i coglioni, vero giornalisti timorosi/timorati?

Link alla risposta di Travaglio a D'Avanzo, su Repubblica.it

Contraddittorio contestuale

Al giornalista Marco Travaglio è stato fatto carico da più parti di non avere rispettato la regola del contraddittorio, esprimendo, durante il programma Rai “Che tempo che fa” condotto da Fazio, valutazioni critiche sul presidente del Senato Schifani in sua assenza. Questa linea di pensiero non è condivisibile perché è estranea al nostro ordinamento giuridico ed è pericolosa per la libertà di manifestazione del pensiero.La contestualità del contraddittorio non è prevista da alcuna norma.
Anzi, il fatto che la legge preveda il diritto di rettifica sta a significare che per il nostro ordinamento è normale la replica successiva. Imporre il contraddittorio contestuale significa introdurre un limite preventivo all’informazione giornalistica, in contrasto con l’art. 21 della Costituzione. Interpellare preventivamente la persona oggetto di informazioni critiche è una buona regola da seguire quando vi sia ragione di ritenere che questi possa contribuire al completamento dell’informazione con notizie utili. Il mancato rispetto di questa regola comporta però soltanto la conseguenza che, ove per il mancato interpello dell’interessato l’informazione risulti incompleta e non veritiera, il giornalista potrà essere chiamato a rispondere dell’omissione.In questo caso Travaglio ha fatto riferimento a notizie pubblicate in due libri, contro i cui autori Schifani non risulta avere presentato querela per diffamazione. Ora che il presidente del Senato ha deciso di rivolgersi all’Autorità Giudiziaria, sarà questa a stabilire se Travaglio abbia riferito notizie false e diffamatorie.In attesa della pronuncia dei giudici, egli non può essere processato in sede aziendale per non avere rispettato regole che non esistono, tanto più che nessuno è in grado di affermare che le notizie da lui riferite non siano veritiere.

Domenico D'Amati

lunedì 12 maggio 2008

Chiacchere di regime

Le bugie dei GIORNALI che scrivono “Travaglio attacca Schifani a Che tempo che fa” sono roba di routine nelle redazioni controllate. Come roba di routine è la confusione diffusa con frasi del tipo “Schifani diffamato” che appare apposta stampato tra virgolette perché è il riporto di una dichiarazione presunta. Non è la verità! Quella frase imposta dal regime post piduista ancora presente nel verminaio delle redazioni controllate, ha il solo scopo di ingannare il popolo sotto ipnosi.

Diffamare significa screditare la reputazione di una persona attribuendole fatti o notizie false o non accertate. Trovo inutile ribadire che Marco Travaglio da Fabio Fazio abbia solo ripercorso il passato di Renato Schifani nei suoi rapporti coi mafiosi come Mandalà! Trovo inutile ricordare che la Legge di cui Schifani è “padrino” che isola le 5 principali cariche dello stato dai processi, è stata fatta ben sapendo che l’unico imputato tra quelle figure era (ed è) il presidente del consiglio Silvio Berlusconi!
Logico che non c’è stata nessuna diffamazione! Ma purtroppo il meccanismo collaudato della disinformazione prevede che le frasi deviate impolpate al popolo sedato, creino quella confusione che affastella le idee in modo da capirci nulla.
Spiegare in 4 parole la differenza fra diffamazione e cronaca biografica, avrebbe un impatto da choc sulle masse e inevitabili ripercussioni sulla reputazione degli oltre 70 filibustieri disonorevoli che hanno conti aperti con la giustizia, a partire dal liberale Silvio Berlusconi.

I prestanome di Berlusconi da anni pagano agenzie di sondaggi che intervistano i passanti a campione in giro per le città, alle fernate dei tram e agli ingressi delle metropolitane con un paio di domandine a tranello che fanno emergere in un attimo tutta la disinformazione che c’è in Italia. Tanto è vero che Berlusconi si è potuto permettere di ribaltare la vicenda di Enzo Biagi sui teleschermi Rai, ben sapendo che la maggioranza di chi lo ascoltava al televisore gli avrebbe creduto, o non gli avrebbe dato grande peso.
La televisione controllata che da mezzo di diffusione di cultura e di memoria è diventata una macchina da soldi che sparge superficialità di basso impatto, ha spostato la percezione dei fatti di intere fasce sociali con l’ammorbidimento delle opinioni, l’uniformazione dei concetti e l’annullamento dei valori, sostituiti col dare risalto alle banali ovvietà di tutti i giorni e la mistificazione dei delinquenti. E’ ormai da qualche anno che l’ufficio casting di Raiset ha traslocato a San Vittore e a Regina Coeli.

Il risotto della confusione per condannare la cronaca biografica e giudiziaria di Travaglio per allontanarlo dalla televisione, si infarcisce di Maurizio Gasparri che se la prende con Cappon e di Fabio Fazio, che per voce del direttore di Rai 3 Paolo Ruffi(a)ni annuncia la lettura di una lettera di scuse dei vertici Rai, in cui diranno di dissociarsi dalle verità pronunciate da Travaglio.

Inoltre fa piacere che il neo capogruppo di Forza Italia Cicchitto invochi una clima di pace e serenità anche nel settore dell'informazione. Non si era colta questa sua vocazione perchè non s'era mai sentito la sua voce nè quella di alcuni dirigenti Rai (e non tutti di destra) all'epoca dell'editto bulgaro e neppure alcune settimane fa quando a reti semiunificate è stato consentito l'elogio di Mangano, senza contraddittorio alcuno o quando vi è stata un'esaltazione dei fucili padani, subito derubricata a goliardata da compiacenti reggimicrofono. In quel caso ci fu un signorile silenzio tombale.

C’è tanto da fare per curare questo povero Paese divenuto inerme ed assuefatto all’anestesia mediatica iniettata dall’attuazione del Piano di rinascita democratica della Loggia p2.
Inserite la definizione su Wikipedia. Bastano un paio di minuti per rendersi conto di come siamo messi in Italia.

Tratto da interventi di D.Martinelli e G.Giulietti


Tira una brutta aria...

2008-05-11 13:24 RAI: TRAVAGLIO; MATTEOLI,CONTRO SCHIFANI VERGOGNOSA IMBOSCATA (ANSA) - ROMA, 11 MAG - "Ho lavorato insieme con Renato Schifani per due anni e so cosa pensa della criminalità organizzata e soprattutto so quanto si è battuto nelle aule parlamentari per approvare provvedimenti legislativi per contrastarla. L'attacco di ieri sera, utilizzando senza contraddittorio il mezzo televisivo pubblico, è una vergognosa imboscata. Mi auguro che vi si possa porre riparo evitando almeno che episodi del genere si possano ripetere". Lo ha dichiarato il ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Altero Matteoli commentando la puntata di "Che tempo che fa" di ieri sera.(ANSA).

2008-05-11 15:11 RAI: TRAVAGLIO; DI PIETRO, RACCONTATI FATTI NON CANCELLABILI (ANSA) - ROMA, 11 MAG -"Esprimo solidarietà a Marco Travaglio perché ha fatto semplicemente il suo dovere raccontando quel che sono i fatti". E' quanto dichiara Antonio Di Pietro, leader dell'Italia dei Valori intervenendo sulle accuse rivolte al giornalista per le dichiarazioni rese durante la trasmissione "Che tempo che fa". "Episodi - prosegue Di Pietro - che non possono essere cambiati o taciuti solo perché, da un giorno all'altro, una persona diventa presidente del Senato oppure, e solo per questo, cancellare con un colpo di spugna la sua storia ed il suo passato. Un giornalista – aggiunge - che racconta, citando episodi specifici, non ha bisogno di alcun contraddittorio. Questo, semmai, deve essere fatto dai politici quando si confrontano tra di loro. Il cronista racconta come sono andati i fatti e paradossalmente - conclude sarcasticamente Di Pietro- vorrebbe dire che ogni qualvolta egli scrive o riporta la cronaca di una rapina, si dovrebbe ascoltare anche la versione del rapinatore". (ANSA).

2008-05-11 16:52 RAI: TRAVAGLIO; GASPARRI, QUALCUNO LO SPINGE A FAR POLEMICA? (ANSA) - ROMA, 11 MAG - "Travaglio, in un momento di sereno avvio di una nuova fase politica per il paese, getta benzina sul fuoco delle polemiche. Verrebbe voglia di sapere se per spinta di qualcuno". Lo dichiara il presidente dei senatori del Pdl Maurizio Gasparri. "La Rai balbetta - aggiunge l'esponente del Pdl - ma le flebili parole del direttore generale non cancellano la gravità di affermazioni nei confronti del presidente Schifani incompatibili con la verità e con il decoro del servizio pubblico". (ANSA).

2008-05-11 16:53 RAI: TRAVAGLIO; BOCCHINO,GARANTE INTERVENGA,SERVONO SANZIONI (ANSA) - ROMA, 11 MAG - "Dopo Grillo da Santoro e Travaglio da Fazio, è necessario che vi sia un intervento del garante a cui far seguire le sanzioni adeguate". E' quanto afferma il vice capogruppo del Pdl alla Camera Italo Bocchino. "E' gravissimo che la Rai, servizio pubblico, venga utilizzata - dice l'esponente del Pdl - a più riprese come strumento improprio di denigrazione delle istituzioni, di personalità autorevoli del nostro Paese, gettando sfiducia nei cittadini e ombre sui singoli, senza che i conduttori dei programmi prendano le distanze". "L'opinione secondo la quale Travaglio avrebbe semplicemente elencato dei fatti, come sostiene Di Pietro, è inaccettabile. Non possono essere tollerati - conclude - processi e condanne mass mediatiche ai danni di assenti, che peraltro rivestono cariche istituzionali di tutto rilievo". (ANSA).

2008-05-11 17:32 RAI: TRAVAGLIO; CICCHITTO, DI PIETRO DICE PAROLE IN LIBERTA' (ANSA) - ROMA, 11 MAG - "Di Pietro difende Travaglio e dice a sua volta parole in libertà perché non gradisce che fra le forze politiche di maggioranza e di opposizione si è stabilito un clima normale, nel quale ci si confronta e anche si dissente senza insulti e senza demonizzazioni". Lo dichiara Fabrizio Cicchitto, presidente del gruppo del Pdl alla Camera. "Di Pietro - prosegue Cicchitto - sa benissimo che se nella vita politica italiana non si svolgono risse da saloon egli perde ogni ruolo, ogni funzione e ogni visibilità. E allora, con il fido Giulietti, cerca di costruire l'ennesima provocazione guardandosi bene dal misurarsi con i fatti, che per quello che riguarda il presidente Schifani sono del tutto inesistenti o manipolati". "Sappiamo benissimo che per i professionisti di questo genere di operazioni vale il motto: 'Calunniate, calunniate, qualche cosa rimarrà', ma lo scopo di questa provocazione - conclude - è così evidente che nessuno ci casca". (ANSA).

2008-05-11 20:22 RAI: SCHIFANI, C'E' CHI VUOLE MINARE DIALOGO ROMA - ''Si tratta di fatti inconsistenti e manipolati che non hanno dignità di generare sospetti. La verità e' che qualcuno vuole minare il dialogo ed il confronto costruttivo che ha caratterizzato l'inizio di questa legislatura”. Renato Schifani, presidente del Senato, risponde così ai microfoni del Tg1 agli attacchi ricevuti ieri da Marco Travaglio nel corso della trasmissione di Fabio Fazio ''Che tempo che fa'' su Raitre

'CHE TEMPO CHE FA' APRE CON SCUSE DG E FAZIO Passo indietro alla puntata di ieri in apertura di Che tempo che fa stasera da parte di Fabio Fazio che si e' scusato con il pubblico e letto una nota ''del nostro editore cioè la Rai nella persone del direttore generale Claudio Cappon''. Questa la nota: ''Il Direttore Generale, in relazione alle dichiarazioni rilasciate ieri da Marco Travaglio nel corso di questa trasmissione, non solo si dissocia a nome della Rai e manifesta nei confronti del presidente del Senato, Renato Schifani, la più alta considerazione e rispetto, ma non può che stigmatizzare un comportamento - inaccettabile in qualsiasi programma del Servizio Pubblico - che mette in campo critiche, insulti e affermazioni diffamanti senza alcuna possibilità di contraddittorio. Inoltre Fazio, dopo aver letto la sua dichiarazione già diffusa ha aggiunto: ''Nel mio mestiere possono capitare incidenti di percorso, ma parole come 'trappola', 'macchinazione', 'complotto', non fanno parte del mio modo di lavorare, non esistono secondi fini: usare le parole e' un privilegio non un rischio ma non si può essere all'altezza di questo privilegio se non si corrono rischi''.

FAZIO, SCUSE AL PRESIDENTE SCHIFANI ''Non posso che scusarmi''. Così Fabio Fazio il conduttore di 'Che tempo che fa', al presidente del senato Renato Schifani dopo l'episodio di ieri sera con le accuse di Marco Travaglio. ''Che tempo che fa - spiega Fazio - ha sempre cercato di rispettare due principi. Il primo: consentire la totale libertà di espressione a tutti i propri ospiti, evidentemente anche quando non se ne condividono le opinioni, come ho esplicitamente sottolineato in diretta ieri sera a proposito di alcune affermazioni fatte da Marco Travaglio nel corso della puntata. Il secondo e' quello di non offendere nessuno. Tanto più se assente e dunque impossibilitato a difendersi. L'offesa non mi appartiene. Quindi, quando ciò accade, non posso che scusarmi. A maggior ragione in questo caso per il rispetto che e' dovuto alla Istituzione che il Presidente Schifani rappresenta. E desidero ribadirgli che, se e quando lo riterrà opportuno, sarà il benvenuto a 'Che tempo che fa'. Rispettare la doppia libertà - conclude Fazio -, quella di chi c'e' e quella di chi non c'e', e' sempre stato e rimarrà l'obiettivo di questa trasmissione".

EPISODIO DEPRECABILE PER DIRETTORE GENERALE Il direttore generale della Rai Claudio Cappon - che si trova a Lubiana per la riunione del comitato esecutivo dell'Uer - ha espresso profondo rincrescimento e vivo rammarico per le affermazioni di ieri sera di Marco Travaglio, a Che tempo che fa su Raitre, contro il presidente del Senato Renato Schifani. Un episodio che il direttore generale definisce deprecabile, ed un comportamento a suo avviso ingiustificabile, tanto da aver preso contatti con le strutture aziendali per le iniziative del caso. Cappon si riconosce nelle parole espresse ieri sera dal direttore di Raitre Paolo Ruffini, secondo il quale l'esercizio della libertà di opinione non può mai sconfinare nell'offesa personale, tanto più grave se tutto ciò avviene senza contraddittorio. (ANSA)
 
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