lunedì 14 aprile 2008

Il Burlone



Il Contratto con gli Italiani sigla­to da Silvio Berlusconi a Porta a Porta l'8 maggio 2001, dinanzi al notaio Bruno Vespa, era uno scherzo. «Non era un contratto», «non ha mai avuto alcuna rilevan­za giuridica», insomma un sempli­ce «atto politico» dotato di una «totale improduttività di effetti per nullità-inesistenza». È nullo, non è mai esistito. Chi lo dice? Un antiberlusconiano sfegatato? Un demonizzatore accanito? No, lo dice lo stesso auto­re del Contratto-non contratto: Silvio Berlusconi in persona. Dove? Negli atti difensivi depositati dai suoi legali nella causa intenta­ta due anni fa da un giovane rompiscatole, A.C.: l'unico ita­liano ad aver preso sul serio il Contratto con gli Italiani. Al punto da recepirlo formalmente, recapitando al Cavaliere il 10 febbraio 2006 - penultimo giorno della penultima legisla­tura - un "atto di accettazione". In quella letterina piena di riferimenti giuridici, A.C. ram­mentava all'allora premier che quello siglato sulla celebre scrivania di ciliegio "può essere qualificato come un contratto con obbligazioni del solo pro­ponente (art. 1333 Codice civi­le)". Quindi, non essendo "stato da Lei mai revocato", è "giuridicamente vincolante" e sottoposto alla verifica della magistratura. Da quel momen­to si è perfezionato il contratto unilaterale fra Berlusconi e gli italiani (che non avevano fir­mato nulla), perché almeno uno di essi l'ha accettato. E, con quella firma, è scattata la trappola. Il rompiscatole e i suoi avvocati Alessandro Frittelli e Giuseppe Marazzita ricor­dano al Tribunale civile di Mila­no che il Cavaliere s'era impe­gnato a "non ripresentarmi al­le elezioni del 2006 se, al termi­ne dei 5 anni di governo, almeno 4 su 5 traguardi non fossero stati raggiunti". Impegno viola­to nel 2006 e nel 2008, quando Berlusconi s'è ricandidato per ben due volte, pur avendo mancato tutti e 5 i traguardi "contrattuali". Lo stesso Cava­liere - osservano i legali di A.C. - seguita a ripetere di aver ri­spettato l’85% degli impe­gni", mentre in casa Vespa ave­va promesso di realizzarne interamente 4 su 5. Dopodichè le aliquote fiscali sono rimaste 4, non 2; le pensioni minime non sono aumentate a 516 eu­ro per tutti, ma solo per qualcu­no; i delitti non sono diminui­ti, ma aumentati; la disoccupa­zione non s'è dimezzata; il 40% di grandi opere non è par­tito. Perciò il tignoso cittadino si sente preso in giro e chiede i danni: 5 mila euro simbolici per mancata ottemperanza del­l'obbligo di non tacere". Cioè di ritirarsi a vita privata. La dife­sa Berlusconi ribatte che il Con­tratto è "nullo", dunque nessu­no può pretenderne il rispetto: era un semplice "programma politico". Ma A.C. dimostra che il programma della Cdl era tutt'altra cosa rispetto al Con­tratto, come lo stesso Cavaliere proclamò solennemente a Por­ta a Porta. La difesa Berlusconi ammette addirittura che gl'im­pegni non furono rispettati, an­che se accampa le solite scuse: "Se il mancato raggiungimen­to di una o più parti del pro­gramma politico si è verificato, cioè è dovuto a fattori politi­co-economici imprevedibili e indipendenti dalla volontà del dr. Berlusconi: a partire dell'at­tentato alle torri gemelle fino al buco di 37 mila miliardi di lire scoperto dopo l'insediamen­to del Governo...". Poi, a scan­so di equivoci, invoca l'immu­nità parlamentare: il Contrat­to-non contratto rientrerebbe "nell'attività insindacabile" protetta dall'"art.68 della Costi­tuzione" che "comporterebbe l'improcedibilità del giudizio o la sospensione del processo" in attesa dell'autorizzazione a pro­cedere della Camera. Ma qui il rompiscatole A.C. piazza il col­po che potrebbe essere decisi­vo: "Se il dr. Berlusconi sapeva che il Contratto era inesistente e dunque nullo, perché non ne ha dato notizia fin dall'inizio" - lui e agli altri 58 milioni di italiani?

M.Travaglio, Uliwood Party - 12/04/1008

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