lunedì 5 maggio 2008
A futura memoria: Ecco cosa fare
Anzitutto trasformare in migliaia di mega-poster la foto del Politburo del Pd che circondava Walter Veltroni la sera della sconfitta: lì ci sono tutti i responsabili della disfatta che ha riconsegnato l’Italia a Berlusconi per la terza volta in 15 anni. Perché quello del 13-14 aprile non è stato un buon risultato in condizioni difficili, una mezza vittoria, un ottimo punto di partenza, una prova di aver avuto ragione: è stato una disfatta. Dunque sarà bene affiggere in tutte le sedi del Pd il poster del Politburo dei perdenti stretti intorno a Walterloo. A imperitura memoria. Così il militante, appena vedrà avvicinarsi D’Alema, Latorre e Fassino ansiosi di “dare un contributo”, li metterà subito alla porta al grido “Unipol, Unipol”. Loro capiranno, avendo contribuito, con le loro telefonate intercettate con Giovanni Consorte e Stefano Ricucci, a far perdere al Pd decine di migliaia di voti di gente perbene che detesta i conflitti d’interessi anche se non riguardano Berlusconi, anzi soprattutto se riguardano la sinistra o presunta tale.
Appena entrerà Anna Finocchiaro, quella che due anni fa si sentiva pronta a sacrificarsi per il Quirinale e che, dopo aver trascinato i Ds all’esaltante percentuale del 5 per cento nella sua Catania, è stata premiata con la candidatura a governatore di Sicilia scalzando Rita Borsellino e riuscendo a prendere 15 punti in meno di lei, verrà accompagnata all’uscita, con l’auspicio che non si faccia mai più rivedere. Se invece dovesse giungere il giovane vecchio Enrico Letta, sarà opportuno domandargli perché nel 2006 abbia chiesto all’Avvocatura dello Stato di difendere la legge Gasparri dinanzi alla Corte europea di giustizia di Lussemburgo contro le legittime pretese di Francesco Di Stefano, che dal 1999 attende le frequenze per accendere Europa7 dallo Stato che gli ha assegnato regolare concessione a trasmettere. Nel caso in cui si presentasse Paolo Gentiloni e fosse sveglio, domandargli perché abbia accettato senza fiatare l’insabbiamento della sua legge sul tetto antitrust per la pubblicità televisiva e di quella che avrebbe spoliticizzato almeno un po’ la Rai, e per giunta non abbia mai provveduto ad assegnare le frequenze a Europa7. A casa anche Livia Turco e Pierluigi Bersani, tanto impopolari tra la gente quanto adorati dai tenutari di salotti televisivi. Inutile precisare dove andranno spediti Colaninno jr., Calearo, Marianna Madia, Daniela Cardinale, Mirello Crisafulli e gli altri candidati inutili o indecenti del Pd. Casomai, infine, si affacciasse all’uscio Uòlter Veltroni e chiamasse ancora Berlusconi “il principale leader dello schieramento avversario”, sarà bene interromperlo, prima che finisca la frase, con un’esclamazione a piacere. E poi regalargli un biglietto per gli Stati Uniti, affinchè possa seguire la campagna elettorale americana e rendersi conto di come Obama tratta Hillary, di come Hillary tratta Obama, e di come Hillary e Obama trattano Mc Cain, e viceversa.
Il Pd avrà un senso e un futuro soltanto se sparirà per sempre dalla circolazione chi da vent’anni predica, all’indomani delle elezioni perse, che “bisogna saper parlare al Nord”, ma non ci è mai riuscito in vita sua, e intanto si è persi per strada anche il Sud e una bella fetta del Centro. Chi ha collezionato soltanto fiaschi, ma il giorno dopo le elezioni va in tv a spiegare agli altri come si vince. Chi ha scaricato due volte Romano Prodi, il quale aveva il grave torto di aver battuto, due volte su due, Silvio Berlusconi. Chi pensa sia giusto che Prodi, avendo battuto due volte Berlusconi, se ne resti a casa, e chi ha sempre perso con Berlusconi rimanga al suo posto. A preparare la prossima sconfitta.
Il Nord
Gli abitanti del Nord non votano la Lega Nord perché questa abbia una buona classe dirigente, che anzi è pessima, e nemmeno perché vogliano la devolution, che nessuno sa cosa sia. Votano Lega Nord perché i leghisti sono sempre presenti sul territorio, sono conosciuti dalla gente, parlano con le persone, sono al loro fianco nei momenti di difficoltà. Mentre i leader del Pd vivono a Roma, frequentano salotti, si parlano fra loro in un linguaggio incomprensibile e quando servono non ci sono mai. M in campagna elettorale fanno una capatina qua e là, di solito in auto blu o sul pullman verde, e si autoinvitano pure a pranzo. Per “parlare al Nord” bisogna parlare con i cittadini al Nord, non con la Lega a Roma. Formule cervellotiche e politichesi come “il Pd federale” o “il Pd del Nord” lasciano il tempo che trovano. Bisogna spiegare a chi ha paura della criminalità che la ricetta leghista della chiusura delle frontiere, degli aumenti delle pene e della caccia agli immigrati è una truffa, perché non funziona ed è impraticabile: la criminalità si combatte con un sistema giudiziario e repressivo efficiente, e non con quello attuale, sfasciato proprio da Berlusconi e dalla Lega per salvare gli amici degli amici. Se poi non si fanno indulti, ma nuove carceri, la gente del Nord potrebbe persino prendere sul serio questi discorsi seri.
Governo ombra
La nuova squadra (o “governo ombra”) da affiancare ai leader dell’alleanza Pd-Idv, cioè a Veltroni e Di Pietro, dovrà nascere da una giornata di primarie aperte che azzeri l’attuale ceto dirigente, selezionato in base agli inviti a “Porta a Porta” e alla cieca obbedienza ai capi supremi. Sarà un’ottima occasione per lanciare alla ribalta nazionale quei pochi amministratori che riescono ancora a “parlare con il Nord”, ma anche con il Sud, senza prendere pesci in faccia: i sindaci Cofferati (Bologna), Cacciari (Venezia), Zanonato (Padova), Emiliano (Bari), Crocetta (Gela), il presidente della Provincia di Milano, Penati, il nuovo presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti.Primarie aperte anche alla cosiddetta “sinistra radicale”, che non è solo popolata di vacui e vanesii parolai, ma anche di politici concreti e apprezzati come Tana de Zulueta, Paolo Ferrero, Elias Vacca, Orazio Licandro, Vladimir Luxuria, Tommaso Sodano, Nichi Vendola. I ministri-ombra così scelti dovranno rappresentare l’opposizione nei dibattiti televisivi, al posto della consueta compagnia di giro, salottiera e romanocentrica, che ha fatto il suo tempo e non si può più guardare.
Giustizia
Casomai il pullman verde fosse ancora a disposizione, utilizzarlo per caricarvi e avviare a una lunga, interminabile vacanza tutti i più recenti “responsabili giustizia” del centrosinistra: i Luciano Violante, i Marco Boato, i Guido Calvi, i Lanfranco Tenaglia, i Pierluigi Mantini, i Massimo Brutti e gli altri artefici dell’indulto, degli attacchi alla Forleo e a De Magistris, dei voti impunitari nelle giunte per le autorizzazioni a procedere che hanno impedito al Pd di condurre una campagna elettorale contro lo sfascio berlusconiano della Giustizia, al quale avevano tutti pro quota contribuito. Insieme con loro andranno dismesse le battaglie ideologiche e le seghe mentali tipo separazione delle carriere, distinzione delle funzioni, “giusto processo”, responsabilità civile dei magistrati, priorità nell’esercizio dell’azione penale da affidare al Parlamento e al Csm (l’ultima trovata elettorale di Uòlter e D’Alema). Tutte riforme che non abbreviano di un nanosecondo i tempi biblici dei processi e non interessano a nessun cittadino. Basterebbe ingaggiare come consulenti un paio di giuristi del calibro di Franco Cordero e Vittorio Grevi, o sfruttare l’esperienza di Antonio Di Pietro e Gerardo D’Ambrosio, e dei neoeletti Silvia Della Monica e Achille Serra, per mettere a punto un programma snello e comprensibile che assicuri ai cittadini sentenze rapide e giuste: abolizione della prescrizione dopo il rinvio a giudizio, abolizione del processo d’appello (salvo in presenza di nuove prove), esecutività delle pene dopo la prima condanna (fermo restando il diritto all’impugnazione per motivi di legittimità), pene accessorie più severe e risarcimenti più esigibili. Un ottimo lavoro è già stato fatto dalla commissione istituita presso il ministero della Giustizia nell’ultima legislatura, con il contributo dei giudici Davigo, Greco e Ielo, per il rapido recupero degli enormi proventi dei reati e il loro riutilizzo per l’autofinanziamento della Giustizia.
Intercettazioni
Ammettere onestamente il drammatico errore commesso nell’inseguire Berlusconi anche su questo terreno. Lo strumento delle intercettazioni telefoniche e ambientali non solo non va ridimensionato, ma va potenziato e allargato, visti gli ottimi risultati conseguiti da magistrati e forze dell’ordine (anche in termini di recupero del maltolto). Va da sé che occorre subito ritirare l’assurda e “castale” pretesa di imbavagliare l’informazione giudiziaria proibendo di pubblicare atti d’indagine e intercettazioni non coperti dal segreto. Dal momento della “discovery” degli atti,disposta dalla magistratura quando ritiene che il segreto sulle indagini debba cessare, tutti gli atti non più segreti devono essere messi immediatamente a disposizione non solo delle parti in causa, ma anche della stampa, affinché l’opinione pubblica sia informata tempestivamente ed esaustivamente degli scandali che si vanno scoprendo e possa controllare come, “nel nome del Popolo italiano”, viene amministrata la Giustizia.
Opposizione
Vista l’ampia maggioranza raccolta dal Pdl e Lega alla Camera e al Senato, le possibilità di mettere in difficoltà la maggioranza si riducono al lumicino. Ma non è detta l’ultima parola. Quella di Berlusconi è una coalizione tutt’altro che coesa e non sa governare, come ha ampiamente dimostrato sia nel 1994 sia nel 2001-2006. E non tarderà il momento in cui, soprattutto in un paese destinato a una lunga recessione, monterà il malcontento dei cittadini. Insomma, verrà il momento in cui un’opposizione agguerrita potrà mettere in crisi il governo. Anzitutto va abolita la parola “dialogo” dal vocabolario del Pd. Salvo nei i casi in cui la maggioranza proponga misure davvero utili alle collettività (il che, come insegna l’esperienza, accadrà rarissimamente), la minoranza dovrà votare contro, senza tentazioni di “opposizione costruttiva”; e ricorrere ogni volta che sarà necessario all’ostruzionismo e alla verifica puntuale del numero legale. Nonostante la maggioranza amplissima di cui godeva nel 2001-2006 la Casa delle Libertà, accadde decine di volte che le sue assenze in aula la trasformassero in minoranza nella commissione Affari costituzionali, al momento di votare la costituzionalità delle leggi. Purtroppo fu quasi sempre salvata dal soccorso rosso del centrosinistra, che sopperiva alle assenze del centrodestra con assenze ancor più ampie nelle proprie file. Questa volta occorrerà collocare nella Affari costituzionali i parlamentari più combattivi e presenzialisti, vincolandoli all’obbligo di presenza tramite capigruppo molto determinati. Se una legge non passa al vaglio di costituzionalità, è lettera morta. Sarebbe anche opportuna un’ampia autocritica sulle scriteriate aperture al centrodestra per riformare “insieme” la Costituzione. Va detto e ribadito che la Costituzione va bene così com’è, salvo alcuni ritocchi per differenziare le funzioni delle due Camere e soprattutto per dimezzare il numero dei parlamentari. Su quest’ultimo punto il centrodestra, ora che è al potere, cercherà di glissare, e proprio su questo punto andrà incessantemente incalzato. Così come sulla tempestiva riforma dell’indecente legge elettorale “Porcellum”.
Commissioni di garanzia
La presidenza delle giunte per le elezioni e le autorizzazioni a procedere, della Vigilanza Rai e del Comitato di controllo sui servizi segreti (Copaco) spetta di diritto all’opposizione. E’ di cruciale importanza designare a quegl’incarichi parlamentari di collaudata esperienza, competenza e inflessibilità. Il voto contrario sulle immunità e le insindacabilità, solitamente regalate a buon mercato ai membri della casta con voto bipartisan, è decisivo per far emergere agli occhi dei cittadini le fregole autoimpunitarie di chi magari in “Padania” strilla contro “Roma ladrona e intanto a Roma si fa assolvere dagli amici degli amici. Lo stesso vale per i servizi di sicurezza, visto l’uso, anzi l’abuso, che ne ha fatto nella penultima legislatura il governo Berlusconi con i vari Pompa e Pollari. Idem come sopra per la Rai, che sarà terreno di caccia, di epurazioni e occupazioni militari: destinare un personaggio come Furio Colombo o come Beppe Giulietti alla guida della Vigilanza sarebbe un segnale preciso per i nuovi manovratori, oltrechè una garanzia di vigilanza autentica.
Televisione
commerciali e sulla relativa pubblicità. La seconda è un collegamento permanente con le istituzioni europee, che nei prossimi mesi La cosa più urgente da fare è quella di sposare almeno il terzo referendum lanciato da Beppe Grillo al V-Day del 25 aprile: quello che si propone l’abrogazione della legge Gasparri e di quel che resta delle precedenti (Mammì e Maccanico, già bocciate dalla Consulta) che regalano a Mediaset il monopolio incostituzionale sulle tvsottoporranno l’Italia a una supermulta di 3-400 mila euro al giorno, con effetto retroattivo dal giugno 2006, se la Gasparri non sarà smantellata; e avvieranno un’altra procedura d’infrazione se Di Stefano non avrà ciò che gli spetta, cioè le frequenze per Europa7. E’ essenziale cogliere ogni occasione per far sapere ai cittadini italiani che toccherà a loro sborsare una “tassa Berlusconi” per le leggi vergogna che il Cavaliere ha varato o imposto a tutela della sua bottega. La terza è affiancare esplicitamente e pubblicamente Di Stefano nella sua sacrosanta battaglia. Quarto: non partecipare ad alcuna spartizione alla Rai: a giugno scadrà il Cda e Berlusconi quasi certamente tenterà di confermare quello esistente, presieduto dall’amico inciucista Claudio Petruccioli e controllato per i cinque noni dal centrodestra. Pd e Idv dovrebbero subito far sapere di non sentirsi rappresentati da Petruccioli e invitare a dimettersi, senza alcuna disponibilità alla riconferma, gli attuali consiglieri di amministrazione del centrosinistra: Berlusconi & C. lottizzino pure, ma stavolta non in nome e per conto dell’opposizione.
Comunicazione
Le strategie di marketing escogitate dagli attuali cervelloni del Pd si sono rivelate disastrose. Ci vuole ben altro per fronteggiare lo strapotere mediatico del Cavaliere che, prim’ancora di andare al governo, è già riuscito a portare i tg a occultare le sue porcate (beatificazione di Vittorio Mangano, inchiesta su Dell’Utri per brogli in Calabria e all’estero, minacce “scherzose” a una giornalista russa sgradita all’amico Putin) e a enfatizzare errori e punti deboli dell’opposizione. Nei prossimi mesi e anni l’”emergenza criminalità”, oggi collocata in apertura di tutti i telegiornali, sparirà dai teleschermi insieme agli sbarchi dei clandestini, agl’italiani impoveriti, al caro-vita, alla pressione fiscale. Toccherà agli esponenti del centrosinistra, presenti di diritto nei tg e nei talk show, sopperire al drammatico deficit di informazione sui prevedibili fallimenti del governo. Chi andrà in tv dovrà essere molto informato e agguerrito, armato di dati e di esempi concreti da raccontare ai cittadini. Sarebbe vivamente consigliabile disertare le reti Mediaset, per mettere in rilievo con tante sedie vuote lo scandaloso conflitto d’interessi di un premier che possiede tre tv private oltre a controllare il “servizio pubblico”. Se invece si decidesse di frequentare anche le reti del Biscione, almeno si rammenti a ogni occasione che lo studio appartiene al capo del governo e che il conduttore e gli intervistatori sono suoi dipendenti. A furia di ripeterlo, chissà che la gente non cominci a porsi il problema.
Battaglie
Aprire l’opposizione alla società civile, anche con iniziative di piazza, evitando di rinchiudersi nei palazzi della politica e della televisione. Il pullmann verde deve continuare a portare Veltroni e i suoi ministri-ombra in giro per l’Italia per incontrare la gente, per ascoltarne le esigenze e le proposte, per lanciare alcune idee chiare ed efficaci, anche con raccolte di firme per leggi di iniziativa popolare e referendum: come, appunto, quelle per l’abrogazione della Gasparri e per il dimezzamento del numero dei parlamentari, ma anche per una nuova politica della sicurezza e dell’ambiente. Parlare di energie alternative, di “rifiuti zero”, di uno sviluppo alternativo alle solite grandi opere e ai soliti inceneritori aiuterebbe ad agganciare gli elettori della sinistra “radicale”, gli arrabbiati del non voto, i giovani dei Meetup di Beppe Grillo. Se poi i gruppi parlamentari del Pd e dell’Idv, che giustamente han deciso di agire separati, rinunciassero al 50% dei “rimborsi elettorali”, devolvendoli a qualche progetto di solidarietà di Emergency o di Libera o della Caritas, diventerebbero più credibili in una battaglia per la riduzione dei costi della casta che metterebbe in serio imbarazzo il centrodestra al governo. Una dichiarazione di rinuncia preventiva a ogni immunità e insindacabilità, poi, renderebbe più credibile una battaglia parlamentare contro ogni voto impunitario che la nuova maggioranza prevedibilmente adotterà a protezione dei suoi cinquanta e passa inquisiti. Inoltre, last but not least, un governo-ombra itinerante si allontanerebbe da Roma e si avvicinerebbe alla gente, imparando a parlare in modo più comprensibile. E, soprattutto, si immunizzerebbe dalle sirene del Vaticano: come dimostrano anche le ultime elezioni, il peso elettorale del cardinal Ruini e delle altre porpore svolazzanti è ormai pressochè nullo. Prima i leader del Pd se ne renderanno conto, prima potranno fare politica a mani libere. Dando ragione alla Chiesa quando ha ragione, e torto quando ha torto. Ma soprattutto dando a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio.
Pantheon
Se proprio il Pd deve tenere un Pantheon di padri nobili, molto meglio issare sul piedistallo personalità italiane (Kennedy e Martin Luther King lasciamoli agli americani), possibilmente conosciute e amate dai cittadini per la loro pulizia e il loro buongoverno: De Gasperi, Einaudi, Pertini, Berlinguer. Per carità, che nessuno si azzardi più a citare Bettino Craxi (tanto caro ai Fassino, ai D’Alema e ai Veltroni). Lo 0,7 per cento raccolto dai cosiddetti Socialisti, cioè dalla compagnia della buona morte Boselli-De Michelis-Bobo fortunatamente estinta nel nuovo Parlamento, dovrebbe aver insegnato qualcosa: Bettino Craxi, oltre a essere un noto corrotto, porta pure sfiga.
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2 commenti:
Un bell'articolo. Condivisibile o no non importa, dato che la ragione (inteso come logica e non nel senso dell'"avere ragione") lo pervade.
Qualche perplessità però nasce scorrendo i paragrafi "Governo ombra", "Giustizia"... Perchè considerare "politici concreti ed apprezzati" da poter innalzare alla dirigenza del proprio movimento persone che inneggiano a "10 100 1000 Nassirya" (Tana de Zulueta) e che, commentando un caso di pedofilia, afferamano che l'educazione sessuale dei bambini deve essere libera da ogni "pregiudizio" (Nichi Vendola), fa quantomeno alzare le sopracciglia.
Ciò che invece stupisce del paragrafo "Giustizia" è un errore nella relazione di causalità. Infatti le varie riforme presentate qui come "seghe mentali" (scil. separazione delle carriere, responsabilità civile dei magistrati e priorità nell’esercizio dell’azione penale) non servono in realtà a migliorare i lentissimi tempi della giustizia italiana. La ratio che le pervade tutte è invece quella di migliorare la qualità della giustizia, fondamentalmente aumentandone le possibilià repressive (cosa tra l'altro auspicata nell'articolo).
Niccolò
Delle esternazioni che riporti a proposito di De Zolueta e Vendola non ho trovato traccia almeno in internet anche se devo ammettere che per quanto riguarda la prima affermazione (di De Zulueta) mi sembra alquanto strana, e la seconda (di Vendola) andrebbe esaminata nel suo contesto originale.
Nel merito del paragrafo Giustizia, a proposito di quelle che riforme che citi, ti invito a leggere questo post: http://toghe.blogspot.com/2008/03/il-
ritornello-della-separazione-delle.html di cui ti riporto uno stralcio:
Anche nella nostra giustizia “senza qualità” l’estenuante girotondo intorno agli stessi temi si ripete all’infinito, mettendo a nudo la sterilità e l’impotenza della politica a porre seriamente mano alla questione giustizia. E la proposta di separare le carriere di giudici e pubblici ministeri è forse il simbolo estremo di questa tendenza all’eterno ritorno.
Oggi i cittadini italiani sono tormentati e danneggiati dalla esasperante lentezza dei processi civili e penali, che non accenna a diminuire nonostante il notevole incremento della produttività dei magistrati di cui ha dato pienamente atto il libro verde sulla spesa pubblica.
Le forze politiche che si candidano alla guida del paese dovrebbero perciò concentrare l’attenzione su misure capaci di semplificare ed accelerare il processo penale e di sfrondare la giungla di riti dell’attuale processo civile. E dovrebbero puntare su di una più razionale distribuzione degli uffici giudiziari sul territorio, sull’innovazione organizzativa, sulle tecnologie informatiche, sulla riqualificazione del personale amministrativo e sulla copertura degli organici di cancellerie e di segreterie che, per effetto dell’annoso blocco del turn-over, sono ormai ridotti al lumicino.
In altri termini servirebbe una “politica della ragionevole durata del processo”.
Invece ci si ritorna a dividere sul tema tutto “ideologico” della separazione delle carriere, nonostante che l’ordinamento giudiziario vigente abbia ormai introdotto regole severissime sui passaggi di funzioni, imponendo che essi siano di regola accompagnati dal trasferimento del magistrato in un’altra regione.
Comunque , a quanti continuano a ritenere che la separazione delle carriere abbia un rilievo cruciale per le sorti della giustizia italiana, si deve almeno chiedere un confronto sui dati e sui fatti, senza proclami e vuote astrazioni. [...]
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